Bluegrass all'europea
Il quinto Bluegrass Party organizzato dai Red Wine a Genova
Recensione
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Trentacinque anni di fila d'attività per un gruppo non sono uno scherzo, nella Penisola: tanto più se si pratica un genere musicale considerato di nicchia, soggetto a clamorosi rovesci di gusto nel pubblico, nei decenni. Stiamo parlando della ligure Red Wine, che da un quinquennio porta anche avanti, con eleganza e gusto, l'appuntamento annuale del “Bluegrass Party”. Tre ore di musica, nell'eccellente acustica del Teatro Modena, che prevedono ogni volta qualche ospite di livello internazionale dai medesimi campi delle note nordamericane acustiche. Non che la Red Wine non sia in grado di gestire splendide prove di per sé: da quando poi ha assorbito le giovani energie di Marco Ferretti, chitarrista flatpicker figlio del banjoista “storico” Silvio, e Lucas Bellotti al basso, accanto al mandolino guizzante di Martino Coppo, il gruppo è quasi rinato. Sul palco c'erano anche, ospiti, la chitarra di Paolo Bonfanti, il violoncello di Daniele Bova, la fisarmonica di Roberto Bongianino, la batteria di Davide Salaffi. Gran festa, letteralmente catalizzata quando sul palco poi sono arrivati i Kruger Brothers, due svizzeri e un nordamericano - banjo, chitarra e basso -, base da un quindicennio in North Carolina e una capacità di dominare velocità impossibili e tecnica trascendentale con naturalezza stupefacente, senza quel quid di gelo che in genere accompagna i solisti di capacità superiori. Jens Kruger, tra l'altro, ha anche appena vinto lo Steve Martin's Prize For Excellence in Banjo e Bluegrass Music, in pratica un oscar per questo genere. I “fratelli” portano anche qualche spicchio, qualche aroma d'Europa in quella musica popolare nata dall'incrocio di tante fonti migranti in terra d'America, ed alla fine è stato bello e naturale vederli sul palco assieme alla Red Wine.
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