Freak crescono
Devendra Banhart al Carroponte di Sesto San Giovanni
Recensione
pop
Chi nasce fricchettone – si spera – non morirà ordinario. Certo è che il percorso di Devendra Banhart punta decisamente verso una normalizzazione, e non è detto che sia un male, anzi: lo provano l’ultimo album – [i]Mala[/i], giustamente acclamato dalla critica – e il recente tour di presentazione, di cui si è avuto un saggio con alcune date in Italia, in apertura delle due date di Sua Maestà Neil Young (altra consacrazione), e in solo al Carroponte di Sesto San Giovanni, in curiosa coabitazione con la Festa di SEL, Laura Boldrini e il ministro Kyenge a pochi metri.
La scaletta è prevedibilmente incentrata sul nuovo repertorio, che suona anche meglio che su disco, come più “a fuoco”.
“Normalizzazione” significa maggiore concretezza per il genietto californiano-venezuelano, con un songwriting e uno stare sul palco decisamente più maturi di un tempo. Poco “weird”, “freak” e “folk” – insomma – e un sound d’insieme più compatto, incentrato su chitarre elettriche cristalline (puro timbro Fender) e riverberate, che sembrano tendere le orecchie più all’Africa Sixties, o a un certo recupero di quel sound che è stato fatto a New York in anni recenti (nell’attesa, poco prima del concerto, si ascolta Tabu Ley Rochereau: piace pensare che non sia un caso!), o ancora ad una certa psichedelia di marca “etnica” (quella brasiliana, ad esempio), che non alla cosiddetta “Americana”.
La temperatura si scalda dopo meno di un’ora, con “Seahorse” che sfocia in una lunga coda elettrica degna del miglior Neil Young (appunto…). Neanche il tempo di godersi una delle poche incursioni nel vecchio repertorio che Devendra regala, in solo, fra gli applausi, due classici come “Little Yellow Spider” e “Quedate luna”. Ma il tempo è già finito: appena un’ora di concerto, un paio di bis e tutti a casa.
Menzione anche per l’opening act, l'ottimo “cantautore” brasiliano Rodrigo Amarante, anche nella band come chitarrista aggiunto.
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