Orchestra e videogame
Woodkid al Teatro Parenti di Milano
Recensione
pop
Ci sono tre considerazioni da fare in merito all'atteso concerto di Woodkid al Teatro Parenti di Milano. La prima riguarda quello che qui dovrebbe interessare il lettore, cioè la musica: Yoann Lemoine si presenta al numeroso pubblico milanese (densità hispter: sopra la soglia di attenzione) con un unico album costruito intorno a partiture orchestrali di particolare intensità a metà fra cinema (vedi certe cose di Clint Mansell) e videogame (non a caso il primo singolo, "Iron", è stato inserito nel bestseller [i]Assassin's Creed: Revelations[/i]). Il successo di questo trattamento musicale suggerirebbe dunque di invitare i fan di Lemoine, come giustamente diceva una ragazza all'uscita, «ad andare qualche volta alla Scala», per vedere di nascosto l'effetto che fa (e per capire davvero che cosa significhi "suono orchestrale"). Soprattutto in considerazione del fatto che, rispetto ad altre date, Lemoine si presenta qui sul palco con due percussionisti, tre trombonisti, tastierista e live electronics. Dunque l'orchestra (vera) avrebbe aiutato forse l'amalgama complessivo del suono.
La seconda considerazione riguarda invece l'apparato visivo, molto spettacolare: luci in sincrono con la musica e visual evocativi a tracciare panorami onirici venuti fuori da un Escher appassionato di 3D Studio Max. Tolti questi elementi, le canzoni di Woodkid avrebbero causato una maggiore stanchezza, fattasi sentire per fortuna solo in un paio di occasioni. E arriviamo allora alla terza considerazione che riguarda l'isterica attenzione che si crea intorno a questi personaggi: la stagionalità non aiuta né chi ne è protagonista né chi ascolta la musica per passione o per professione. A maggior ragione quando il prodotto generale è di buon livello, come nel caso di Woodkid.
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