L'eterna ricerca di Wadada
A Novara il trombettista di Chicago incontra Eco d'Alberi
Recensione
jazz
"Don't play what's there, play what's not there". Come a dire, non accontentarti di quello che sai già fare, ma prova ad andare oltre. Con queste parole, che suonano come un monito per tutti i musicisti, Miles Davis ci ricordava che la sperimentazione è una componente imprescindibile per ogni forma d'arte. Lo sa bene Wadada Leo Smith, indicato da molti come erede di Davis, che alla ricerca ha dedicato tutta la sua vita. Ricerca intesa come esplorazione nel suono, innanzitutto, ma anche sperimentazione nelle forme, negli organici ed elaborazione di inediti sistemi di notazione.
Per la decima edizione di Novara Jazz, Smith è stato insignito della Chiave d'Oro, un premio che si va a sommare ai tanti riconoscimenti raccolti nell'ultimo anno, tra questi la nomination al Premio Pulitzer per la musica, ottenuta grazie al recente [i]Ten Freedom Summers[/i] (Cuneiform, 2012), monumentale capolavoro che ripercorre la storia del movimento per i diritti civili in America. Per l'occasione Smith si è esibito in uno stracolmo Auditorium Cantelli in compagnia del gruppo Eco d'Alberi: un incontro inedito tra uno dei maggiori esponenti dell'avanguardia di Chicago e una delle formazioni italiane più votate alla sperimentazione e ai percorsi di ricerca. Due lunghe suite senza interruzione di continuità in cui i musicisti si abbandonano ad avventurosi percorsi di libera improvvisazione. La tromba di Smith si integra perfettamente con il quartetto seguendo le linee oscillanti segnate dai quattro e innescando fervide conversazioni con i sassofoni di Edoardo Marraffa. Si concede anche lunghi momenti di pausa per ascoltare gli altri ad occhi chiusi. Un concerto spettacolare che conferma luminosità, necessità e vitalità della ricerca musicale odierna.
Interpreti: Wadada Leo Smith: tromba; Edoardo Marraffa: sax, tenore, sopranino; Alberto Braida: pianoforte; Antonio Borghini: contrabbasso; Fabrizio Spera: batteria
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