Tim Berne l'ipnotista
Il sassofonista insieme a Mary Halvorson incanta il pubblico di Dialoghi: jazz per due
Recensione
jazz
Una spirale ipnotica. Così appare la musica di Tim Berne, uno dei protagonisti indiscussi del jazz creativo degli ultimi vent'anni che, nell'affollatissima serata conclusiva della rassegna Dialoghi: jazz per due, ha dato conferma del suo inesauribile spirito di ricerca, addentrandosi ancora una volta nei territori dell'impossibile. Una musica densa, la sua, magnetica e allo stesso tempo enigmatica, a tratti inafferrabile, sorretta da logiche proprie che sfuggono ai classici schemi analitici. Con gli anni il sassofonista è riuscito a elaborare un sistema linguistico personale, un universo in cui i corpi gravitano seguendo leggi proprie, dando vita, come per necessità, a strutture lineari e poliformi. Per questa data pavese Berne ha voluto al suo fianco la giovane chitarrista Mary Halvorson, rivelazione degli ultimi anni, compagna in numerosi altri progetti, ma con la quale si confronta per la prima volta in duo. Una ghiotta occasione per gustarsi un Berne meno conosciuto, lontano dalla scrittura per quartetto che ha caratterizzato gli ultimi progetti, impegnato a tessere architetture su una serie di libere improvvisazioni. Ed è qui che la sua musica si fa più trasparente lasciando intravedere le logiche che la sorreggono, quel movimento in apparenza circolare caratterizzato dall'eterna rielaborazione di semplici frammenti intervallari, spezzati da improvvisi lamenti su note acute. Ma quando sembra di tornare al punto di partenza ci si accorge di un inspiegabile spostamento di asse, un cambio di prospettiva generato da un costante sviluppo che allontana insistentemente dal centro. Non resta che arrendersi e lasciarsi assorbire dal movimento ipnotico di questa spirale.
Interpreti: Tim Berne: sax alto; Mary Halvorson: chitarra.
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