Sintonie di Testa

Il cantautore a Lanciano con il clarinetto di Gabriele Mirabassi

Foto F. Bortone
Foto F. Bortone
Recensione
pop
Sintonie Lanciano
13 Ottobre 2012
Anche per quest’anno la rassegna internazionale Sintonie ha fatto solo scelte di “alta fedeltà”. Marco Angelucci e Remo Vinciguerra hanno ospitato a Lanciano il concerto di Gianmaria Testa e Gabriele Mirabassi. Sala bianca, strumenti in posa. Testa s’infila e la musica attacca così, con le note di “Nuovo”, ed è subito contatto. “3/4” e la città si allunga, persa sotto la nebbia: l’ingresso inaspettato di Mirabassi e del suo clarinetto schiarisce l’orizzonte e fa rivivere i profili delle cose. «C’è carinho» nell’aria. Mirabassi veste ogni arpeggio di Testa. Il racconto parte dal nuovo per tornare, nostalgico, agli anni Novanta e a una scrittura già densa. Sono gli anni di [i]Extra muros[/i] e delle sue sonorità plastiche. Quartieri emozionali dove il clarinetto strilla mentre la voce di Testa bisbiglia, onesta. Si mette in moto “L’automobile”: swinga fino all’urto e spinge ogni stop della chitarra. Bossano i fiori d’inverno, e si fa strada “Manacore”. Il vento soffia nel clarinetto di Mirabassi che ammalia e svela trame dinamiche di una bellezza rara. «Senti che vento, tormenta le vele». E ogni eco di quel vento sa di mare e di cielo. Un delirio di colori e l’urlo di Mirabassi quasi soffoca nella dolcezza di una carezza. È polvere di gesso. La poesia si fa cronaca e denuncia nell'allegoria di “20mila Leghe (in fondo al mare)”, dove le Leghe, sottolinea Testa, non sono un’unità di misura marina, ma «un’unità di dismisura terrestre». Mirabassi suona l’acqua e quello schiocco di gocce ne anima il racconto. «Avrei voluto baciarti con la forza del vento» recita a chitarra muta Testa, e l’assolo di Mirabassi è una dichiarazione d'amore. Non si disperde quella tensione mistica. “‘Na stella” e la ninna nanna di congedo, perché «soltanto i sogni non dormono mai».

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