Il Club Guthrie
A Sanremo il Club Tenco celebra Woody Guthrie
Recensione
pop
Il rapporto del Club Tenco con la sua natìa Sanremo è – da sempre – di odio e amore. Con gli anni il Tenco si è affermato come realtà nazionale, ma ha sempre dovuto lottare per la propria sopravvivenza nella polvere della politica locale. Anche di qui la scelta, visti i pochi fondi, di rinunciare alla tradizionale Rassegna, di spostare la consegna delle Targhe 2013 nella neutral Novara (8 dicembre) e di limitarsi ad una carrellata di giovani e ad un evento speciale dedicato a Woody Guthrie nell’anno del suo centenario.
Cast messo insieme fra consegne di premi (ai Klezmatics), scambi di favori (la nipote di Woody, figlia di Arlo, Sarah Lee, già in zona per il concerto a Maison Musique a Rivoli) e vecchi amici del Club; pubblico poco – purtroppo – per una serata di livello… Ma siamo a Sanremo, e il pubblico, forse, non c’è (più). Ed è ora di aprire una riflessione sul futuro, e sull’annoso tema: «Serve Sanremo, al Tenco?» (e magari anche «A cosa deve servire, oggi, il Tenco», ma quello aprirebbe discorsi ben più lunghi...)
Guthrie visto dal Tenco – attraverso l’incontro pomeridiano e attraverso l’omaggio della serata – è tutt’altro che retorico; piuttosto – ma è nello stile del Club – è molto romantico, ma le contingenze certo aiutano. Come quando viene fuori che il marito – e collaboratore artistico – di Sarah Lee Guthrie, Johnny Irion, è il nipote di John Steinbeck… Riporta equilibrio fra i molti contributi personali la presenza di Sandro Portelli (anche Premio Tenco all’operatore culturale), “scopritore” di Guthrie per l’Italia.
L’apertura all’Ariston tocca a uno dei giovani scelti dal Tenco, King of the Opera (già Samuel Katarro), che parte in solitario, alla chitarra, con una bella versione radioheadiana di “Song to Woody” di Dylan. Segue un entusiasta Davide Van de Sfroos, che propone nel suo dialetto laghee “This Land is Your Land” (coraggioso, non male la resa); poi Giovanna Marini. Chiudono la prima parte i due fratelli De Gregori (Francesco e Luigi Grechi), insieme all’Orchestra Popolare di Ambrogio Sparagna. La prima parte (con il De Gregori famoso) è di fatto un estratto dello spettacolo che la OPI ha portato in giro la scorsa estate (e che con Guthrie non c’entra assolutamente nulla). Più a tema l’ingresso di Grechi (il De Gregori simpatico), accompagnato dall’Orchestra in una session, con il fratello all’armonica.
Punto interrogativo sui due “nipoti d’arte”, che aprono il set con “California Stars”, dal disco di Billy Bragg con i Wilco dedicato a Guthrie: «Sono i Wilco ad aver portato mio nonno alla nuova generazione, e io sono molto legata a queste canzoni», ha spiegato Sarah Lee. Se la sua bella voce, con quel vibrato così [i]sixties[/i], convince, le canzoni di composizione paiono invece un po' stucchevoli.
Per fortuna ci sono i Klezmatics, accolti da un pubblico ormai stanco – purtroppo – e che si era speso – troppo – nell’applaudire Sparagna & co. Con tutto il rispetto per la formazione dell'Auditorium Parco della Musica e i suoi eccellenti musicisti, qui siamo ad un altro livello, stellare; tanto per i contributi dei singoli quanto per la raffinatezza delle soluzioni di orchestrazione e l'"invenzione" delle melodie sui testi di Guthrie (operazione non poi così diversa da quella fatta da Sparagna sul materiale di "poesia popolare" italiana). Le canzoni contenute nel disco [i]Wonder Wheel[/i] (2006) rimangono e rimarranno - al pari di quelle di Guthrie - magnifici reperti artistici, fra klezmer, folk, jazz… Puro “pop” americano, e globale.
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