Il jazz non si improvvisa
Ai Dialoghi di Pavia non convince il duo fra Joe Bowie e Mauro Ottolini

Recensione
jazz
Prendi un trombonista afroamericano. Sguardo fiero, passo lento e deciso, erede di una prestigiosa famiglia di jazzisti. Poi prendi un secondo trombonista, ma questa volta italiano. Spirito goliardico, tecnica pirotecnica e una completa disinvoltura artistica. Ad un primo sguardo non si notano punti in comune, ma Joe Bowie e Mauro Ottolini condividono una viva passione per il funk nella sua forma più nobile, che ha avuto in Lester Bowie, fratello maggiore di Joe, uno dei maggiori artefici. Sulla carta l'incontro è appetitoso e il pubblico di Dialoghi Jazz per due, raccolto in Santa Maria Gualtieri, freme nell'attesa. Ma dopo un inizio scoppiettante, tra duetti improvvisati e giochi timbrici, l'atmosfera si raffredda e il motore, rallentando, lascia intravvedere ingranaggi poco oliati. Mancano strutture, organizzazioni, idee. Temi di Ellington suonati nudi e crudi, improvvisazioni su riff ripetitivi prive di sviluppi o arrangiamenti. Tutto lascia pensare ad un lavoro frettoloso che fa affidamento esclusivamente sulle doti improvvisative dei due fuoriclasse.
Più convincente e riuscita è stata la prova di Fabrizio Bosso che il 3 aprile scorso ha entusiasmato il pubblico pavese, nella terza serata della rassegna. Dopo la lunga esperienza con Antonello Salis, Bosso ritorna al duo tromba-fisarmonica con un nuovo compagno di viaggio, Luciano Biondini. Tra celebri standard e composizioni proprie i due hanno percorso intimi paesaggi con il gusto e la cura che caratterizzano le produzioni Bosso. A dimostrazione del fatto che non basta saper improvvisare per fare del buon jazz.
Interpreti: Joe Bowie: trombone, voce, percussioni - Mauro Ottolini: trombone, sousaphone.
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