Vicenza Jazz 3 | L'orgia sonora di Antonio Sanchez
Il quartetto del batterista messicano sul palco del Panic Jazz Cafè di Vicenza
Recensione
jazz
Si esce dal concerto del quartetto di Antonio Sanchez con addosso un alto tasso di adrenalina. Una musica così carica, un’interazione continua di tutti gli elementi dello strumento che non ti permette quasi mai di riprendere respiro. Potenza fisica, la sua, che ricorda subito Elvin Jones, soprattutto nel lavoro di superamento della dimensione ritmica della batteria. La perfetta, metronomica scansione del tempo sui piatti si arricchisce di un turbinio di accenti, punteggiature, rullate che costruiscono un vero muro di suono. Sanchez riesce a mettere in gioco – ma c'è da chiedersi come faccia a trovare lo spazio - anche la sua anima latina con l’aggiunta di qualche colore. Su questo torrente in piena tra i quattro si dipana comunque un dialogo profondo. Come il batterista gestisce il proprio strumento, nella inesauribile funambolica accumulazione ritmico-sonora, così anche il gruppo si muove in una continua tensione espressiva. Sorprende subito la personalità dell'alto di Vinson. Apre lo scenario con uno squarcio coltraniano sul ribollire dei ritmi. Suoni lunghi, meditativi. Lavora e bene sui contrasti. A momenti è astratto, etereo. Ricorda il ruolo di Redman nel quartetto di Jarrett. Le tastiere di Escreet passano con leggerezza da percorsi modali a grovigli percussivi e liberi. Approccio limpido che sottintende uno swing appena abbozzato ma che si ritaglia spazio nelle complesse dinamiche del gruppo. Dal canto suo Brewer indirizza il suo legno oltre il fitto dialogo con il leader alla ricerca di scenari dove libera un possente e denso tocco. Il bis diventa un lungo gioco delle parti. Un brano dai sapori funky che pare non finire mai con grande gioia del folto pubblico. Peccato veniale di un set notevole per intensità ed energie.
Interpreti: Antonio Sanchez - batteria; Will Vinson - sax alto; John Escreet - piano, Fender Rhodes; Matt Brewer - contrabbasso.
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