Camera funk
Esperanza Spalding alla ricerca di una moderna cameristica jazz

Recensione
jazz
Esperanza entra in scena in silenzio, si toglie impermeabile, scarpe e foulard, si versa un calice di vino e si accomoda su una piccola poltrona in un angolo del palco, mentre il trio d’archi sul fondo inizia a suonare. Esordisce così, dandoci immediatamente la giusta chiave di lettura, il Chamber Music Society, nuovo progetto di Esperanza Spalding, che si è esibita ieri sera a Roma, nell’unica tappa italiana del winter tour europeo. Chi si aspettava la Spalding di [i]Esperanza[/i] è rimasto spiazzato: questo nuovo progetto punta infatti su una ricerca sensibilmente diversa. La musicista americana è tornata alle origini della sua formazione musicale classica e ha cercato di ricreare, attraverso il linguaggio del jazz, una moderna musica da camera, vista come spazio dell’intimità e dello stare tra amici. Ecco quindi a buon diritto salire sul palco, accanto al suo contrabbasso, alla batteria e al pianoforte, il perfetto trio jazz, anche un trio d’archi classico, violino, viola e violoncello, in un’interazione continua tra linguaggi che forse poi tanto diversi non sono o non sono più. Ascoltando uno dopo l’altro i brani di questo nuovo progetto la parola che viene in mente è “soft”: nella voce, usata come uno strumento, senza parole; negli arrangiamenti; nelle sonorità. Intimismo e minimalismo sono le pietre di paragone con cui la Spalding si è misurata in Chamber Music Society, senza però dimenticare la sua forte matrice funk che ha generato momenti di altissimo e godibilissimo interplay. Il pubblico italiano, un po’ sorpreso, ha apprezzato con lunghi applausi, che hanno strappato due bis.
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