Emozionante Azerbaijan
All'Auditorium di Roma Alim Qasimov con il Kronos Quartet
Recensione
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Serata densa e impegnativa quella della “Azerbaijan Night” proposta all’Auditorium di Roma. Ad aprire il concerto il Kronos Quartet, con il primo violino David Harrington, folgorato sulla via di Baku ormai trent’anni fa, che insieme a John Sherba (violino), Hank Dutt (viola) e Jeffrey Zeigler (violoncello), ha eseguito “Mugam Sayagi” e “Oasis”, due brani scritti dalla pianista e compositrice azera Franghiz Ali-Zade attingendo alla tradizione del mugam – antico canto mistico diffusosi dall’Azerbaijan in tutto il Medio Oriente – dei quali gli archi esaltano la vena delicata e meditativa.
Stella della serata Alim Qasimov, virtuoso del canto considerato il maggiore interprete contemporaneo della tradizione musicale azera, riconosciuto dall’UNESCO come artista patrimonio dell’umanità e nominato “artista del popolo dell’Azerbaijan” dal governo del suo paese. Qasimov, accompagnato dalla figlia Fargana (canto e daf) e dal giovane quartetto composto da Rafael Asgaraov (balaban), Rauf Islamov (kemence), Javidan Nabiyev (tar) e Zaki Valiyev (naghara), ha eseguito con un’interpretazione all’altezza della sua fama “Bayati-Shiraz”, uno dei sette principali modi del mugam. La seconda parte del concerto è stata introdotta da un breve ma efficace filmato che documenta il lavoro grazie al quale il Kronos Quartet e Qasimov e il suo ensemble sono riusciti a far dialogare tradizioni e strumenti musicali diversi, una collaborazione che si è espressa con efficacia nell’esecuzione delle cinque canzoni azere, di autore anonimo o contemporaneo, portate sul palco dai dieci musicisti in un esperimento che ha offerto al pubblico uno spettacolo di grande impatto emotivo.
Interpreti: Kronos Quartet: David Harrington, violino; John Sherba, violino; Hank Dutt, viola; Jeffrey Zeigler, violoncello. Alim Qasimov Ensemble: Alim Qasimov, voce, daf; Fargana Qasimova, voce, daf; Rafael Asgarov, balaban; Rauf Islamov, kamancha; Zaki Valiyev, tar; Javidan Nabiyev, naghara.
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