Ritrovarsi per "Luna persa"

Al FolkClub di Torino la festa per la vittoria di Max Manfredi al Premio Tenco

Max Manfredi con Marco Spiccio (foto j.t.)
Max Manfredi con Marco Spiccio (foto j.t.)
Recensione
pop
Folkclub Torino
30 Gennaio 2010
La vittoria di Luna persa di Max Manfredi al Tenco 2009 è stata vista da molti come il trionfo di un’idea “pura” di canzone d’autore, colta e senza compromessi e – anche per questo – inevitabilmente sommersa. Dietro la “punta” Max Manfredi esiste naturalmente tutta una base, che da anni ormai (del 1985 l’esordio al Premio Tenco del cantautore) vede nel genovese un caposcuola. Una festa per la vittoria di Luna persa dunque non poteva che celebrare, insieme al maestro, anche gli allievi, dai più affermati ai quasi esordienti. Sul palco del FolkClub di Torino – forse l’unica struttura in Italia che permetta di poter fare cose del genere, ricorda giustamente il direttore artistico della serata Enrico Deregibus – si alternano, una reinterpretazione di Max Manfredi a testa, più di una ventina di artisti. Netto predominio dell’asse Genova-Torino, due “città da cantautori” raffinati, e spesso eterni esordienti. Come Augusto Forin, Cristiano Angelini, Carlo Pestelli, Franco Boggero (con “Il morale delle truppe” in versione da crooner), Isa (alle prese con la non facile “Il regno delle fate”), e altri ancora. In molti hanno frequentato i palchi del Tenco, qualcuno vincendo anche: Alessio Lega (che introduce la sua esibizione con un lungo stornello dedicato a Max e al Folk Club), Banda Elastica Pellizza, Marco Ongaro. Pochi – per motivi logistici – i momenti in gruppo: Mamagré, con la loro “Cattedrale” venata di tango e la sempre ottima Staffa, la formazione di Max Manfredi, con Federico Sirianni (una memorabile “Il treno per Kukuwok” in versione western) e con la brava Erica Boschiero. Chiude il “maestro”, che regala un inedito (“Diadema”) e la lunga, rara suite progressiva di “Luna Persa”. Clima di famiglia – come spesso al FolkClub, molto divertimento e qualche stonatura: ma – dice un vecchio pezzo di Max, “a cantare in coro c’è sempre il gusto che uno può stonare”.

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