Le scintille dell'angelo caduto
"Stolas" di Zorn per il terzo evento di Aperitivo in Concerto a Milano
Recensione
jazz
Se la musica di Wagner, come diceva Woody Allen, fa venir voglia d’invadere la Polonia, la musica di Masada, per converso, fa venir voglia di sposare la fede ebraica. Lo spirito gioioso di questa lepida nemesi sonora, ad ispirazione hassidica, permea da cima a fondo il repertorio scritto da John Zorn, che anche negli episodi più raccolti, o meno strutturati, conserva sempre la contagiosa verve ritmica di una fanfara cerimoniale. Dagli anni Novanta il progetto Masada, tra i più prolifici nella spesso bulimica produzione di Zorn, ha trovato numerose declinazioni strumentali ed addentellati stilistici – quartet, string trio, electric e chamber ensemble, guitar, Bar Kokhba, Book of Angels, per dirne solo alcuni – ed a Milano è giunto in forma di quintetto. Assente il leader, rispetto al recente disco Stolas Joe Lovano, infortunato, era sostituito da Chris Potter, ma, ciononostante, la nuova formula non ha subito evidenti cambiamenti d’intenzione. A confronto con il quartetto originario, le connotazioni colemaniane sono andate stemperandosi in favore di un approccio più mainstream (interpretato in particolare da tenore e pianoforte): nella fortezza Masada, epitome zorniana della “Radical Jewish Culture”, alla tragedia si è affiancato uno sguardo finalmente consolatorio. Con il nuovo sax la tromba preferisce l’alternanza al dialogo, e tuttavia, quando decolla, l’improvvisazione collettiva non manca di fare scintille. Potter s’integra a meraviglia nel combo, ed il suo mirabolante virtuosismo (una lunga introduzione solitaria da brividi) non suona mai sopra le righe, mentre Douglas conduce la danza con la musicalità che gli è solita. Più defilato Caine, Baron e Cohen sostengono ed interpretano le asimmetriche “coreografie” sonore in maniera spumeggiante. Platea acclamante.
Interpreti: Chris Potter, sassofoni, Dave Douglas, tromba, Uri Caine, pianoforte, Greg Cohen, contrabbasso, Joey Baron, batteria
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