Fricchettoni si resta
Per la terza volta in Italia, Devendra Banhart ha presentato il suo nuovo disco a Milano.
Recensione
pop
Il «Dio della pioggia e del tuono» aka Devendra Banhart arriva ai Magazzini Generali di Milano in una gelida serata prenatalizia. Fuori nevica, ma dentro il locale la serata si preannuncia calda e affollata, di un pubblico modaiolo stramilanese. Anche l’orario di inizio trasuda milanesità: alle 21 spaccate infatti il barbuto Devendra esce, accompagnato dai Grogs, anch’essi quasi tutti barbuti, due chitarre, un basso e una batteria. L’impasto sonoro è da subito molto interessante. Al secondo brano Banhart accenna movimenti di danza improbabili ma contagiosi e subito la serata si incanala bene, su binari propri dell’ultimo disco del cantautore americano: accenni di one drop qua e là, ritmiche solari, e montagne di cori. È un po’ come se i Doors avessero incontrato gli Wailers e si fossero messi a fare una jam con Crosby Stills Nash e Young. Non fai a tempo a ragionare su queste assurdità che Devendra resta solo con la chitarra e ci suona in versione acustica alcuni brani più vecchi. Il tutto sarebbe anche emozionante se parte del pubblico nelle retrovie facesse silenzio, ma la serata si era preannunciata modaiola e stramilanese, quindi bisogna respirare profondamente, restare calmi e attendere. Al ritorno sul palco la band va in crescendo: prima un musicista per volta si alterna come frontman e canta un proprio brano (e poi non dite che è finita la fase fricchettona di Banhart); poi danno vita a un ottimo finale di concerto, venato di psichedelia e di mille richiami sixties. C’è tempo per un solo bis, perché incombe l’after show che pare sia per molti più importante dello show. I simpatici buttafuori dei Magazzini mi spazzano letteralmente fuori dal locale. Sono da poco passate le 23 e sono di nuovo nel gelo.
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