Makeba, la giovanotta settantaseiennne
Chiude il festival Dedica l'unica data in Italia della cantante sudafricana: non è la voce di una volta, ma la classe rimane invariata.
Recensione
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La rassegna pordenonese Dedica struttura il proprio cartellone da ormai 14 anni intorno a uno scrittore proveniente da un paese culturalmente distante. Il 2008 è stato l'anno della Nobel sudafricana Nadine Gordimer, che ha presentato il nuovo romanzo Beethoven era per un sedicesimo nero. Come ogni edizione, Dedica si è chiusa con un concerto di un musicista di analoga provenienza: la scelta è ricaduta sulla settantaseienne (ne va giustamente fiera) Miriam Makeba, capace di spaziare lungo la sua infinita carriera dal jazz al pop, fino ovviamente alla musica del suo paese.
Unica data in Italia, quella di Pordenone è stata anche una delle poche recenti dell'artista, che nel 2005 si era riproposta di smettere: evidentemente il richiamo della ribalta è difficile da ignorare; e così al Teatro Verdi Miriam suona per un'oretta circa, come una batteria al litio che dà tutto fino a cedere esausta. Settantasei anni, si diceva, e in effetti la voce non le permette più le evoluzioni di un tempo; ma la classe migliora con l'età come il buon vino, e sul palco sa come domare un pubblico gelido come quello friulano. E allora via alle danze e alle chiacchiere con gli spettatori, agli assoli dei musicisti (gruppo misto, sudafricani e americani, e ai punti vincono i secondi grazie al sax di Breno Brown), alla pura voglia di divertirsi degli otto sul palco. Le immancabili "Mbube" di Solomon Linda, ormai inno sudafricano, e "Pata pata", composta in America trentun'anni fa, in chiusura, acquistano in drive grazie ad una grintosa e sincopata batteria, mentre l'arzilla nonnetta gigioneggia con i musicisti chiamandoli 'figli' per questioni anagrafiche. E dopo due toccanti brani a cappella non ci sono applausi che tengano. 76 anni, seppure ben portati, non sono bruscolini: tutti a nanna presto.
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