Premio Parodi 1 | World music?
A Cagliari le prime due serate dedicate ad Andrea Parodi, con Luigi Lai
Recensione
world
Neanche a farlo apposta, per quei fastidiosi limiti imposti dal bagaglio a mano, ho posato il libro che stavo leggendo (almeno un paio di chili) e ho buttato in valigia il leggerissimo - in termini puramente fisici - World Music. Una breve introduzione di Philip Bohlman, che avevo leggiucchiato alla sua uscita e che da anni mi fissava dalla libreria chiedendo attenzione.
Bohlman – fra le tante cose – si interroga su cosa sia la world music e finisce con il formalizzare quello che tutti noi si sa perfettamente: come per “world music” passino cose formalmente diversissime, divise fra ricerca di identità e appropriazione – compiaciuta – di un’alterità musicale e culturale. Popular music nazionali, o in lingue minoritarie. Musica “di radici”. Miscugli più o meno ragionati di elementi stilistici di varia provenienza… La world music ha formato il suo lessico critico – e la sua estetica – dando segno positivo a concetti come “contaminazione”, “ibridazione”, “incontro”… una autenticità che consiste nell’essere altro dal pop internazionale, dal jazz, dai parametri estetici della composizione classica eurocolta…
Potrei ora fare un balzo in avanti, più o meno alla metà della seconda serata del Premio Parodi – il motivo per cui mi trovo in Sardegna, a Cagliari, e raccontare – in mezzo a tanta ottima “world music” – l’esibizione di Luigi Lai.
Lai – ottantenne, riconosciuto maestro delle launeddas – è sul palco per ricevere il Premio Albo d’Oro dalle mani del direttore artistico Elena Ledda e della presidente della Fondazione Andrea Parodi, Valentina Casalena Parodi. Non è la prima volta che ascolto Luigi Lai dal vivo, ma quei pochi minuti di musica, buttati lì con nonchalance, contengono in sé mondi infiniti: non è questione di una qualche autenticità percepita in una musica evidentemente piena di significati identitari e in qualche modo “ancestrali” (il mito delle launeddas come strumento arcaico). È piuttosto il sovrapporsi di tutto questo ad un controllo formale tanto sulla meccanica dello strumento quanto sulla forma della composizione, sullo sviluppo delle complesse variazioni previste dalla musica per launeddas, sull’improvvisazione, sul contrappunto. “Forma”, “sviluppo”, “contrappunto”: si parlava di world music e – per descrivere quello che ho ascoltato – non ho trovato niente di meglio che tornare al lessico della Musicologia con la M maiuscola… Lai ha fatto saltare le categorie. Pensando a questo, ho giusto il tempo di rendermi conto che intorno a me sono tutti in piedi per la standing ovation (non di quelle sulla fiducia, da Premi: dopo l’esibizione). Una bella fortuna ascoltarlo, alla mia prima gita in Sardegna.
Come una fortuna – e un onore – è essere la prima volta a Cagliari su invito del Premio Parodi, chiamato insieme ad una ricca giuria (anzi, due: tecnica e critica) a scegliere un premiato fra le dieci proposte selezionate dal Premio, ormai alla sua quinta edizione e avviato a diventare un punto di riferimento imprescindibile nel panorama (piccolo piccolo) della world music in Italia. I vincitori dell’anno scorso, Elva Lutza, eccellente duo chitarra/voce e tromba, hanno da poco pubblicato il primo disco (per S’Ard, distribuzione Egea) e a partire dal Premio sono arrivati a suonare “sul continente”, raccogliendo meritati pareri positivi (presto sul “giornale della musica” di carta recensiremo il loro lavoro).
Di contorno alle serate musicali, il Premio propone un’anteprima del Museo Parodi: un’installazione audiovisiva che ricostruisce la storia personale e artistica del cantante, e del suo ruolo – prima con i Tazenda e poi in solo – nella ri-creazione di un’identità musicale sarda forte. Poca retorica, molto affetto (come è giusto che sia) e – anche nelle serate – spazio più agli artisti in concorso che non al ricordo di Parodi in sé, nonostante sia un Premio poco istituzionale e molto “a gestione familiare”: una formula più che apprezzabile, ben pensata e già pienamente “matura”, anche in rapporto ad altri premi e festival nazionali.
Dei brani e degli artisti in gara, ascoltati una prima volta giovedì 23 sera allo FBI club di Quartu Sant’Elena e una seconda volta venerdì 24 in teatro (ottima l’idea dei due contesti diversi: c’è chi guadagna punti e chi li perde…) dirò domani, dopo la serata finale…
Bohlman – fra le tante cose – si interroga su cosa sia la world music e finisce con il formalizzare quello che tutti noi si sa perfettamente: come per “world music” passino cose formalmente diversissime, divise fra ricerca di identità e appropriazione – compiaciuta – di un’alterità musicale e culturale. Popular music nazionali, o in lingue minoritarie. Musica “di radici”. Miscugli più o meno ragionati di elementi stilistici di varia provenienza… La world music ha formato il suo lessico critico – e la sua estetica – dando segno positivo a concetti come “contaminazione”, “ibridazione”, “incontro”… una autenticità che consiste nell’essere altro dal pop internazionale, dal jazz, dai parametri estetici della composizione classica eurocolta…
Potrei ora fare un balzo in avanti, più o meno alla metà della seconda serata del Premio Parodi – il motivo per cui mi trovo in Sardegna, a Cagliari, e raccontare – in mezzo a tanta ottima “world music” – l’esibizione di Luigi Lai.
Lai – ottantenne, riconosciuto maestro delle launeddas – è sul palco per ricevere il Premio Albo d’Oro dalle mani del direttore artistico Elena Ledda e della presidente della Fondazione Andrea Parodi, Valentina Casalena Parodi. Non è la prima volta che ascolto Luigi Lai dal vivo, ma quei pochi minuti di musica, buttati lì con nonchalance, contengono in sé mondi infiniti: non è questione di una qualche autenticità percepita in una musica evidentemente piena di significati identitari e in qualche modo “ancestrali” (il mito delle launeddas come strumento arcaico). È piuttosto il sovrapporsi di tutto questo ad un controllo formale tanto sulla meccanica dello strumento quanto sulla forma della composizione, sullo sviluppo delle complesse variazioni previste dalla musica per launeddas, sull’improvvisazione, sul contrappunto. “Forma”, “sviluppo”, “contrappunto”: si parlava di world music e – per descrivere quello che ho ascoltato – non ho trovato niente di meglio che tornare al lessico della Musicologia con la M maiuscola… Lai ha fatto saltare le categorie. Pensando a questo, ho giusto il tempo di rendermi conto che intorno a me sono tutti in piedi per la standing ovation (non di quelle sulla fiducia, da Premi: dopo l’esibizione). Una bella fortuna ascoltarlo, alla mia prima gita in Sardegna.
Come una fortuna – e un onore – è essere la prima volta a Cagliari su invito del Premio Parodi, chiamato insieme ad una ricca giuria (anzi, due: tecnica e critica) a scegliere un premiato fra le dieci proposte selezionate dal Premio, ormai alla sua quinta edizione e avviato a diventare un punto di riferimento imprescindibile nel panorama (piccolo piccolo) della world music in Italia. I vincitori dell’anno scorso, Elva Lutza, eccellente duo chitarra/voce e tromba, hanno da poco pubblicato il primo disco (per S’Ard, distribuzione Egea) e a partire dal Premio sono arrivati a suonare “sul continente”, raccogliendo meritati pareri positivi (presto sul “giornale della musica” di carta recensiremo il loro lavoro).
Di contorno alle serate musicali, il Premio propone un’anteprima del Museo Parodi: un’installazione audiovisiva che ricostruisce la storia personale e artistica del cantante, e del suo ruolo – prima con i Tazenda e poi in solo – nella ri-creazione di un’identità musicale sarda forte. Poca retorica, molto affetto (come è giusto che sia) e – anche nelle serate – spazio più agli artisti in concorso che non al ricordo di Parodi in sé, nonostante sia un Premio poco istituzionale e molto “a gestione familiare”: una formula più che apprezzabile, ben pensata e già pienamente “matura”, anche in rapporto ad altri premi e festival nazionali.
Dei brani e degli artisti in gara, ascoltati una prima volta giovedì 23 sera allo FBI club di Quartu Sant’Elena e una seconda volta venerdì 24 in teatro (ottima l’idea dei due contesti diversi: c’è chi guadagna punti e chi li perde…) dirò domani, dopo la serata finale…
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