Una passeggiata in Central Park

Jazz & Colours a NY, un festival con trenta band e una sola scaletta

Recensione
jazz
“Autumn in New York”, “Central Park West”, “Take the A Train”, “Nostalgia in Times Square” sono brani legati a epoche e compositori differenti, ma uniti dal luogo che li ha ispirati: New York. Anche se è quasi scontato ricordare quanto i jazzisti abbiano amato una delle città più importanti per questa musica, è stato allo stesso tempo semplice e sorprendente, domenica scorsa, vedere decine di musicisti impegnati a decantare le lodi della Grande Mela in uno degli spazi più belli di Manhattan: Central Park.

Jazz&Colors è un festival alla sua prima edizione, e il motivo del nome si spiega facilmente. L’autunno è una stagione che regala colori spettacolari ai prati, ai laghi e ai viali di quello che è il polmone di questa città. Trenta gruppi in trenta angoli diversi, da Columbus Circle (l’estremità del parco a sud ovest) su fino ad Harlem. E con una scelta insolita: la stessa scaletta per tutti. Con il permesso di eseguire qualche brano originale, ovviamente, ma con l’intento di accendere una sorta di colonna sonora che accompagni i visitatori lungo tutta l’estensione del parco, grazie a una mappa con tutti orientarsi tra luoghi e musicisti.

A sud si incontra subito il quintetto di Bob Stewart, con uno straordinario Ray Anderson al trombone; poco più avanti tocca al quartetto di JD Allen, circondato dal pubblico. Una delle postazioni più prestigiose, la Naumberg Bandshell, ospita la Mingus Big Band, tra le poche formazioni ad avere privilegiato il proprio repertorio. Ma poi le storie si intrecciano quando la big band attacca “Nostalgia in Times Square”. E tra il pubblico si intravede una piccola signora con gli occhiali scuri, minuta e attenta: è Sue Mingus, che da sempre cura con tenacia e passione l’eredità musicale lasciata da suo marito Charles Mingus. Poi partono le prime note di “Invisible Lady” e lei, neanche a farlo apposta, è già sparita tra la folla.

A poca distanza ci sono i Klezmatics, e qualche passo più in là lo YES! Trio con Aaron Goldberg, Omer Avital e Ali Jackson. Il pubblico che li ascolta cambia quasi a ogni brano, ma molti sono rimasti a lungo davanti a un solo gruppo: l’evento, dall’una alle quattro del pomeriggio, era diviso in due set da un’ora e mezza, con molte esibizioni solistiche nell’intervallo. Bisogna arrivare quasi ad Harlem per sentire l’orchestra del Jazz at Lincoln Center, e in mezzo ci sono tanti ottimi musicisti.

Dopo l’uragano e la neve, la città si è trovata immersa in una domenica quasi primaverile. Molti visitatori sono letteralmente inciampati nei concerti, ma forse proprio questo ha reso tutto ancora più speciale. Quasi tutti i gruppi si sono attenuti al programma – compreso il finale, un'insolita versione di "Empire State of Mind", l'inno di Alicia Keys e Jay Z alla forza di New York –, regalando un gioco di echi e rimandi: si va via alla fine di un brano, si prosegue verso il gruppo successivo, e si ritrovano le ultime battute di quello stesso brano in uno stile completamente diverso, a mostrare davvero tutti i colori del jazz.

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