Il silenzio di Mandas

diario del 14 luglio

Recensione
jazz
A Mandas vendono silenzio. Lo ha detto il sindaco Oppus che vendono silenzio perché a Roma e Torino non ce n’è, e neanche a New York o Berlino. Non costa molto. Il silenzio è competitivo sul mercato e non costa perché è un bene effimero che si produce con poco. Basta avere tempo e voglia di cercarlo e poi basta. Inoltre non è quotato in borsa e uno non rischia, a seconda dei luoghi, di averlo ad un prezzo più alto del dovuto o di averne di più o di meno se il venditore non è onesto. Non è a peso che funziona e non risponde alle flessioni della scala mobile.
Lo aveva capito David Herbert Lawrence nel 1921 quando si fermò a Mandas che è il paese dalle mille risorse e pochi lo sanno. Dalle mille risorse perché a Mandas ci sono le testimonianze del suo Ducato che risale al 1600, c’è il progetto di ristrutturazione della Stazione Ferroviaria cara a Lawrence e c’è il tentativo di costruzione del percorso sardo di Santu Jacu assieme a Cagliari, Perdaxius, Soleminis, Goni, Nughedu Santa Vittoria, Noragugume, Orosei, Ittireddu e Bantine. A Mandas c’è un museo etnografico che è ben pensato e una biblioteca fornita di libri per bambini all’interno dell’ex Convento perfettamente restaurato dove ieri sera abbiamo tenuto il reading-concerto con Don Pasta e il suo “Food Sound System”.
Appena arrivati in paese ci riceve Umberto Oppus e ci fa visitare la Casa Comunale che è piena di foto antiche di mandaresi in costume e di altri al lavoro nei campi. “Questo è mio padre” ci dice Umberto indicando una foto degli anni quaranta con una trebbiatrice e alcuni uomini intenti a prendere le fasce di grano con “su treuttu”. Usciamo dal Comune con una cassa di Monica di Sardegna “Duca di Mandas”, un libro intitolato “Viaggio tra poesia e teatro a Mandas”, le memorie di Tziu Giuanniccheddu che era il vecchio fabbro del paese, un calendario “in limba”, una t-shirt che racconta il cammino di Santu Jacu, San Giacomo, in Sardegna, una cartina del territorio e altro. Carichiamo tutto in furgone e ci trasferiamo al museo delle tradizioni popolari che qui si chiama “I lollasa de is aiaiusu” e che è ristrutturato benissimo. Il Sindaco però mi dice che i luoghi recuperati sono molti e ci racconta con dovizia di particolari la storia del Ducato di Mandas, di D.H. Lawrence e del trenino del quale va orgoglioso. “Avrei voluto fare il vostro concerto nel treno” mi dice “ma poi il vostro collaboratore Luca Nieddu ha scelto l’Ex Convento che è bellissimo lo stesso”. Del resto scopriamo che a Mandas i luoghi non mancano tra palazzi baronali, piazze, ex conventi e musei.
Mentre ci incamminiamo a piedi verso il luogo del reading-concerto mi indica alcune case diroccate. In quella parte del paese le vie sono state lastricate da poco e i proprietari delle case hanno avuto incentivi derivanti dall’Unione Europea per riportare i muri esterni in pietra a vista. “All’inizio è stato faticoso” mi dice “ma ora i mandaresi fanno a gara per avere la casa più bella”. Le case diroccate saranno a settembre restaurate per diventare alloggi per le giovani coppie del paese che ne diventeranno proprietari pagando una mensilità per quindici/venti anni. “Vedi questa serranda in alluminio?” mi dice, “al proprietario daremo 500/1000 euro affinché possa buttarla giù e sostituirla con una porta in legno come si faceva una volta in questo paese e in tutta la Sardegna. Perché i muri a blocchetti e l’alluminio anodizzato sono una pessima invenzione degli anni settanta”. Il luogo del concerto è molto bello e spazioso. Dietro di noi gli archi dell’ex Convento da illuminare per la sera e davanti a noi la valle con i colori della Sardegna che conosciamo. Il nostro camerino sarà una delle celle dei monaci. Celle che oggi ospitano ragazzi e ragazze provenienti da tutta l’Europa grazie a progetti di scambio e che ci guardano curiosi e curiose.
La cena è nell’ex granaio anch’esso ristrutturato da poco. La tavolata per una cinquantina di persone è pronta e piano piano arriviamo noi musicisti, i tecnici, il Sindaco, persone sconosciute e ragazzi e ragazze francesi che sono lì per il pellegrinaggio di Santu Jacu. Parliamo in francese e in inglese a Mandas. In che lingua parlava D.H. Lawrence ai primi del Novecento? Chissà. Daniele nel pomeriggio è andato a intervistare una vecchietta di più di cento anni è l’ha registrata con l’I-phone. Stasera il reading inizierà con la registrazione della sua voce e noi ci suoneremo sopra con Raffaele Casarano e Marco Bardoscia. D’improvviso all’inizio della cena appare una forma di “casu marzu” coi vermi che saltano. A parte me e gli indigeni locali nessuno lo aveva mai mangiato ma non sembra che nessuno abbia problemi e neanche due giovani ragazze francesi. Forse sono senza occhiali ed è meglio così. La signora che cucina parla a voce alta. La saluto e mi dice “l’avevo vista sempre in televisione e mi sembrava più alto signor Frusu”. Gli dicono che mi chiamo Fresu e lei risponde che cambia poco con una “e” o “u” in più o in meno perché lei ha cucinato lo stesso e l’importante è che il cibo sia gradito. Daniele alias Don Pasta, DJ enogastronomico che preferisce farsi chiamare “gastrofilosofo”, dopo avere passato la registrazione della “tzia” centenaria anni inizia il concerto con la ricetta della Parmigiana di melanzane e intanto prepara la pasta e mette gas ai fornelli. Il fumo dell’acqua che bolle sa di fucina di attrezzi e i due tavoli che lo circondano sono pieni di verdura, cipolle, uova e farina. Farina, uova, verdure e cipolle più una macchina per impastare “Imperia”, un frullatore, taglieri di varia misura, coltelli, cucchiai, mestoli.
“My favorite Things” di Coltrane fa da colonna sonora al terzo brano fino a quando non rimango solo con lui per filosofare intorno alla pasta. Dopo l’ode alla passata di pomodoro un monologo sul “Negramaro” e sugli immigrati e l’applauso finale che rompe il silenzio da vendere a Mandas. Silenzio rotto ieri sera dai suoni dei sax e delle trombe, dal contrabbasso e da pentole, mestoli, cucchiai e olio in frittura amplificato dal nostro tecnico Fabrizio Dall’Oca che, da buon bolzanino, è sempre più rosso dal sole sardo che picchia e non risparmia nessuno.
Alla fine Don Pasta ha offerto la ‘sua’ pasta fatta a mano e cucinata davanti agli spettatori divertiti e increduli. Mangiare bene in Sardegna costa poco. Quasi quanto il silenzio. E’ che bisogna avere tempo e voglia di cercare. “Sai che il Ducato di Mandas arrivava fino a Terranova che è la moderna Olbia?” mi dice il Sindaco “proprio vicino a casa tua”. Il Re di Spagna Filippo III concesse al Marchese di Terranova don Pedro Maza de Carroz Ladron l’importante titolo di Duca di Mandas e Villanova riunendo così sotto lo stesso feudo un insieme di territori fino ad allora senza continuità territoriale. Il Ducato di Mandas accomunò così i destini delle antiche curatorie di Siurgus e della Barbagia di Seulo, la baronia di Sicci, la Barbagia di Ollolai e il feudo di Terranova, che includeva le curatorie di Balariana, Canhain, Fundimonte, Montangia e Unali. “Mica lo sapevo io” gli rispondo. C’è troppo da sapere e da apprendere in questa Isola ma basta scrostare un muro per ritornare a fare parte della storia.
Quando il silenzio costava ancora meno di oggi e non aveva mercato. A Mandas e nel mondo.

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