È per Mathias

diario del 4 luglio

Recensione
jazz
Mathias se lo è portato via una fredda curva di asfalto nel gennaio del 2011. Aveva quindici anni, amava il canto a tenore e la musica rock. A Monte Maccione questa sera il concerto è per lui e tutta la comunità olianese si stringe intorno a Gianfranco e Graziella che sono genitori coraggiosi. Non solo perché nella tragedia hanno deciso di donare gli organi di Mathias ma perché il concerto si tiene nel loro luogo, quello dove Mathias ha vissuto i 5500 giorni della sua vita. Tra i suoni gutturali dei tenores che erano la sua passione, tra la musica rock e la vita di un paese normale che oggi si stringe intorno a chi resta. Spiego a Diederik Wissels e David Linx perché siamo lì. Provano a capire, toccano lievemente la mano a Graziella e dicono che stasera dobbiamo dare di più. Molto di più.
Tra i lecci del boschetto il pianoforte sembra un altro albero. Non fosse per il suo nero lucido potrebbe somigliare a una delle tante foglie che cadono smosse da un vento forte che porta acqua. Acqua che cade ma che non ci spaventa. Mille persone sono lì per Mathias e facciamo finta di essere nel più bel teatro del mondo perché il concerto di questa sera è per lui. La musica è l’antidoto del tempo e la lotta inizia quando dopo le prime note una pioggerellina sottile ci invade. Fortuna vuole che il vento la renda leggera e che questo ci permetta di continuare nella speranza che le nuvole nere vadano via.
Monte Maccione è sopra di noi, maestoso e austero. Per anni l’ho visto dalla finestra della stanza della scuola dove ho insegnato a Nuoro che ora, a sua volta, si vede grazie ad un panorama mozzafiato dal balcone della mia camera nell’Hotel gestito dalla Cooperativa Enis dove tutti sono simpatici e con i quali parlo in sardo. Più che un albergo sembra una colonia di quelle di quando eravamo piccoli. Una colonia di lusso anche se le camere non sono lussuose ed è giusto che sia così perché chi sale a Monte Maccione è perché ama la natura e la natura non ha bisogno di lusso ma di rispetto. Ci si saluta tutti e tutti salutano in tutte le lingue e quelli che parlano con me in sardo sanno parlare tutto. Il lusso vero è la vista incredibile dalla terrazza comune, con Nuoro di fronte e la valle di Lanaittu sulla destra. Valle che porta al mare di Orosei e di Dorgali.
Prima del concerto ceniamo tutti assieme. Tutto a chilometro zero e con un vino che è nero quanto quelle nuvole che minacciano pioggia. La gente passa e ci saluta non solo perché siamo gli artisti ma perché stasera siamo tutti uguali e tutti lì per Mathias, Gianfranco e Graziella. Sulla porta della reception hanno attaccato con lo scotch la pagina dell’Unione Sarda che racconta quella storia e mi stupisco del quanto i genitori di Mathias siano così forti nonostante quello che è accaduto. Alla fine di “It was always you” la voce di David lascia spazio alla tempesta degli elementi ma poi questa si calma come per incanto e il concerto va avanti fino alla fine. Tra note, suoni e natura selvaggia che parla. Gianfranco e Graziella vengono a ringraziare commossi. Molti piangono, stretti nel silenzio di una notte magica a Monte Maccione. E’ piovuto in tutta l’Isola, da Cagliari ad Alghero e anche a Oliena ma non da noi se non con qualche goccia purificatrice.
È come che Mathias abbia vegliato su di noi in quel luogo incantato. Un fascio di luce azzurra illumina un gruppetto di lecci dietro il pianoforte e con David, a turno, vi andiamo per calpestarne il fascio come fosse l’invito ad un contatto con il bosco che diviene il quarto elemento del gruppo. La gente si copre dal freddo umido che entra nelle ossa. Si copre, guarda e ascolta. Graziella mi dice che quella sera è quasi come quella che si è mangiato la vita di suo figlio nel gennaio di fredda curva di asfalto. Alle tre del mattino siamo ancora nel terrazzo a bere “Corrasi”. Quindici gradi di Barbagia concentrata in quel Cannonau che picchia in testa e che ci farà dormire come bimbi. Appare un ragazzo con un “cugulu” di sughero pieno di pecorino. Forse ha la stessa età di Mathias e gli brillano gli occhi. Dalla tasca dei pantaloni di fustagno tira fuori un iPhone e fa play su un tenore. Diederik e David ascoltano e anche noi perché il tenore a quell’ora su un iPhone e con il pecorino e il “Corrasi” ha un altro suono.
Le nuvole nere se ne sono andate. O forse ci siamo sognati tutto.

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