Le Sardegne sono sempre più di una
diario del 22 giugno
Recensione
jazz
Cùrcuris, Pompu, Fluìnas, Gonoscodina, Gonnostramatza, Gonnosnò, Albagiara, Masùllas, Senis, Siapiccia…
Sono solo alcuni dei nomi incredibili dei paesi che stanno intorno a Nureci, il piccolo sole 400 anime dove stiamo andando per il concerto di stasera.
Ci arriviamo da Sassari passando per Oristano. Poi proseguiamo per Simaxis, Siamanna, Villaurbana, Usèllus, Escovedu, Assolo e finalmente Nureci che superiamo perché un cartello che segnala il borgo non c’è. C’è solo il cartello bianco con scritto il nome del paese ma questo non è sulla strada e bisogna vederlo per capire che sei li e che è bene così.
Perché un cartello vero di quelli stradali andrebbe a rompere quell’armonia che a Nureci c’è e che si taglia a fette perché sei in un luogo magico e la magia è cosa rara e di altri tempi quando di cartelli blu catarifrangenti sulle strade non ce n’erano.
Come per Baratili San Pietro potresti essere in Messico se non fosse per una vegetazione più verde e mediterranea. Il paese è tenuto da Dio. Con le porte per entrarvi curatissime e perfettamente restaurate e con un ciottolato ordinato e perfetto.
Mentre scendo dalla macchina per chiedere dove è l’Arena Mamma Blues arriva il furgone di Lorenzo con sopra Dhafer, Nguyên, Stefano, Paolino e Antonello che sembrava un pirata appena sceso dalla nave delle scorribande per una vacanzina in Sardegna ma non in Costa Smeralda. Entriamo in un bar a prendere qualcosa e subito Dhafer inizia a parlare con tutti come fa sempre. In italiano, in sardo, in francese in inglese, in tedesco. Il barista mette a correre sul tavolo tre o quattro bottiglie di Ichnusa senza che nessuno glielo abbia chiesto e pone in fila una decina di bicchieri anche se non siamo dieci. Un ragazzo e una ragazza portano una t-shirt nera con la scritta “Nureci 2011 – Paolo Fresu” La sottoscritta è “Squilli di tromba. Anonimo”. Sarà il giovane sindaco Fabio Zucca a spiegarmi alla fine del concerto il perché di quella maglietta e di quella scritta. Ci insinuiamo con le macchine nelle viuzze del paese e sembra veramente di essere in un luogo senza tempo. I mezzi passano con difficoltà sfiorando i muri delle case perfettamente restaurate e dopo una serie di curve arriviamo nell’Arena che è bellissima e capiente.
Il palco stavolta è normale. Credo sia la prima volta in questo tour. Per normale intendo con delle quinte e una scaletta per salire. Davanti un prato verde con bellissimi alberi di melograno. Dietro pergole e verande in legno e pietra con una visuale sulle colline e giusto la solhouette di un paio di antenne della televisione. È in quella arena che da cinque anni si organizza il festival “Mamma Blues” ed ora capisco anche perché quello spazio è stato chiamato così. Il Carro delle Energie di Tommaso Onofri oggi non c’è perché non in quelle strade non ci passa ed è andato a rubare energia al sole e al vento a Sarroch dove saremo domani sera con il trio PAF. Dopo le prove del suono andiamo a cena da Piero. Tutti. Musicisti, tecnici, giornalisti, accompagnatori. Tutto buono e tutto a Chilometri Zero. Luca Devito mi presenta Antonio Soi che è di Pompu e che ha seguito a Berchidda e in Marmilla un corso per fonici e tecnici coordinato da Gianni Melis, Cristian Buccioli, Toni Grandi e Adriano Pisu. “Un corso per fonici in un posto sperduto?” chiedo? Perché no, visto questa sera ci sono circa 1500 persone e che c’è un festival estivo giunto alla quinta edizione.
Andiamo verso il palco e sembra una festa di piazza con tanto di bancarelle del torrone e di giocattoli. Tutti ci salutano. Alle 21.45 la gente sta ancora arrivando. Qualche difficoltà per parcheggiare ma il paese è veramente piccolo e dunque tutto ciò è normale. Iniziamo il concerto alle 21.50 passate ed io mi scuso che il pubblico che è lì da presto. Il primo brano è “The Buzzard Song” che all’origine dovrebbe essere una sorta di ninna nanna ma che nelle mani di Antonello Salis e di Nguyên Lê diviene altro. Proseguiamo con una lunga introduzione di Dhafer Youssef con la voce sufi per “Fishermen, strawberry and Devil Crab” e poi il ritmo binario di “My Man’s Gone Now” con un assolo mozzafiato di Nguyên che sa più di Hendrix che di Wes Montgomery o George Benson. Quando lasciamo Antonello da solo per introdurre “Oh, Doctor Jesus” la gente va in visibilio. Non è strano visto che Anto in Sardegna è una star! Poi passiamo a “I Got Plenty ‘o notting” con un assolo spazzolato di Stefano Bagnoli e chiudiamo il concerto con una “Summertime” africana in 12/8 con la voce di Dhafer che svetta sulla melodia. L’atmosfera, nonostante i suoni difficili di questa serata, è elettrica e dico che non abbiamo una grande riserva di energia per il bis. Luca mi dice di andare avanti ma so che il bis non potrà durare più di cinque minuti perché oggi abbiamo iniziato con mezzora di ritardo e parte dell’energia per le luci al Led se n’è andata senza musica. Chiedo anche ai fotografi di limitare il numero degli scatti perché sul palco siamo sopraffatti dai click ma loro proseguono imperterriti nonostante la mia preghiera. Vabbè. Mediteremo su un freddo annuncio sul palco magari da fare seguire a quello ufficiale della Banca di Sassari che è il nostro main sponsor. Il tempo di scorrere velocemente la lista dei ringraziamenti e poi il tema di “Clara, Clara, don’t you be downhearted” per chiudere una bellissima serata senza cartelli stradali e senza stress.
Saluto dal palco anche quelli che ci seguono in streaming ma non so ancora che il sito è andato in tilt per via del grande numero di persone che vi sono entrate. Domani allarghiamo la banda di trasmissione perché ci rendiamo conto che la gente cresce di giorno in giorno e di concerto in concerto. Alla fine il Sindaco mi racconta la storia della maglietta. In campagna elettorale uno degli argomenti principali del suo avversario di destra era proprio il nostro concerto e la diatriba si basava sul fatto che un Comune come Nureci dovesse spendere soldi in cultura e non altrove. Per quello hanno fatto stampare le magliette con la scritta “Nureci 2011 – Paolo Fresu”. Chiedo a Fabio Zucca dove è il suo avversario e mi dice che stasera è scappato via. Gli chiedo anche da quanti anni fa il Sindaco. «Da undici - mi risponde -, sono al terzo mandato». «Bravo» gli dico io. Gli porgo un bicchiere di plastica e brindiamo alla serata, alla musica e al coraggio. «Hai assaggiato il nuragus della mia vigna di Tucconi?». «A Berchidda non fate solo vermentino?ı mi chiede. «Si, ma le Sardegne sono sempre più una e sempre più tante».
Mentre scendo dalla macchina per chiedere dove è l’Arena Mamma Blues arriva il furgone di Lorenzo con sopra Dhafer, Nguyên, Stefano, Paolino e Antonello che sembrava un pirata appena sceso dalla nave delle scorribande per una vacanzina in Sardegna ma non in Costa Smeralda. Entriamo in un bar a prendere qualcosa e subito Dhafer inizia a parlare con tutti come fa sempre. In italiano, in sardo, in francese in inglese, in tedesco. Il barista mette a correre sul tavolo tre o quattro bottiglie di Ichnusa senza che nessuno glielo abbia chiesto e pone in fila una decina di bicchieri anche se non siamo dieci. Un ragazzo e una ragazza portano una t-shirt nera con la scritta “Nureci 2011 – Paolo Fresu” La sottoscritta è “Squilli di tromba. Anonimo”. Sarà il giovane sindaco Fabio Zucca a spiegarmi alla fine del concerto il perché di quella maglietta e di quella scritta. Ci insinuiamo con le macchine nelle viuzze del paese e sembra veramente di essere in un luogo senza tempo. I mezzi passano con difficoltà sfiorando i muri delle case perfettamente restaurate e dopo una serie di curve arriviamo nell’Arena che è bellissima e capiente.
Il palco stavolta è normale. Credo sia la prima volta in questo tour. Per normale intendo con delle quinte e una scaletta per salire. Davanti un prato verde con bellissimi alberi di melograno. Dietro pergole e verande in legno e pietra con una visuale sulle colline e giusto la solhouette di un paio di antenne della televisione. È in quella arena che da cinque anni si organizza il festival “Mamma Blues” ed ora capisco anche perché quello spazio è stato chiamato così. Il Carro delle Energie di Tommaso Onofri oggi non c’è perché non in quelle strade non ci passa ed è andato a rubare energia al sole e al vento a Sarroch dove saremo domani sera con il trio PAF. Dopo le prove del suono andiamo a cena da Piero. Tutti. Musicisti, tecnici, giornalisti, accompagnatori. Tutto buono e tutto a Chilometri Zero. Luca Devito mi presenta Antonio Soi che è di Pompu e che ha seguito a Berchidda e in Marmilla un corso per fonici e tecnici coordinato da Gianni Melis, Cristian Buccioli, Toni Grandi e Adriano Pisu. “Un corso per fonici in un posto sperduto?” chiedo? Perché no, visto questa sera ci sono circa 1500 persone e che c’è un festival estivo giunto alla quinta edizione.
Andiamo verso il palco e sembra una festa di piazza con tanto di bancarelle del torrone e di giocattoli. Tutti ci salutano. Alle 21.45 la gente sta ancora arrivando. Qualche difficoltà per parcheggiare ma il paese è veramente piccolo e dunque tutto ciò è normale. Iniziamo il concerto alle 21.50 passate ed io mi scuso che il pubblico che è lì da presto. Il primo brano è “The Buzzard Song” che all’origine dovrebbe essere una sorta di ninna nanna ma che nelle mani di Antonello Salis e di Nguyên Lê diviene altro. Proseguiamo con una lunga introduzione di Dhafer Youssef con la voce sufi per “Fishermen, strawberry and Devil Crab” e poi il ritmo binario di “My Man’s Gone Now” con un assolo mozzafiato di Nguyên che sa più di Hendrix che di Wes Montgomery o George Benson. Quando lasciamo Antonello da solo per introdurre “Oh, Doctor Jesus” la gente va in visibilio. Non è strano visto che Anto in Sardegna è una star! Poi passiamo a “I Got Plenty ‘o notting” con un assolo spazzolato di Stefano Bagnoli e chiudiamo il concerto con una “Summertime” africana in 12/8 con la voce di Dhafer che svetta sulla melodia. L’atmosfera, nonostante i suoni difficili di questa serata, è elettrica e dico che non abbiamo una grande riserva di energia per il bis. Luca mi dice di andare avanti ma so che il bis non potrà durare più di cinque minuti perché oggi abbiamo iniziato con mezzora di ritardo e parte dell’energia per le luci al Led se n’è andata senza musica. Chiedo anche ai fotografi di limitare il numero degli scatti perché sul palco siamo sopraffatti dai click ma loro proseguono imperterriti nonostante la mia preghiera. Vabbè. Mediteremo su un freddo annuncio sul palco magari da fare seguire a quello ufficiale della Banca di Sassari che è il nostro main sponsor. Il tempo di scorrere velocemente la lista dei ringraziamenti e poi il tema di “Clara, Clara, don’t you be downhearted” per chiudere una bellissima serata senza cartelli stradali e senza stress.
Saluto dal palco anche quelli che ci seguono in streaming ma non so ancora che il sito è andato in tilt per via del grande numero di persone che vi sono entrate. Domani allarghiamo la banda di trasmissione perché ci rendiamo conto che la gente cresce di giorno in giorno e di concerto in concerto. Alla fine il Sindaco mi racconta la storia della maglietta. In campagna elettorale uno degli argomenti principali del suo avversario di destra era proprio il nostro concerto e la diatriba si basava sul fatto che un Comune come Nureci dovesse spendere soldi in cultura e non altrove. Per quello hanno fatto stampare le magliette con la scritta “Nureci 2011 – Paolo Fresu”. Chiedo a Fabio Zucca dove è il suo avversario e mi dice che stasera è scappato via. Gli chiedo anche da quanti anni fa il Sindaco. «Da undici - mi risponde -, sono al terzo mandato». «Bravo» gli dico io. Gli porgo un bicchiere di plastica e brindiamo alla serata, alla musica e al coraggio. «Hai assaggiato il nuragus della mia vigna di Tucconi?». «A Berchidda non fate solo vermentino?ı mi chiede. «Si, ma le Sardegne sono sempre più una e sempre più tante».
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