Differenti polifonie

diario del 21 giugno

Recensione
jazz
Ciò che mi lega a Castelsardo è la tradizione dei cori perché Castelsardo è la Settimana Santa con il Lunissanti, la Prucessioni, s’Iscravamentu e quelle voci metalliche e perfette che si inseguono attraverso un miracoloso intreccio di melodie e di accordi paralleli. Sarà proprio con uno dei tre gruppi polifonici del paese, quello dove canta anche il Sindaco Matteo, che farò il concerto del 3 luglio a San Sperate assieme all’altra polifonia di Santulussurgiu e di Orosei. Dico altra perché tutti i gruppi si assomigliano ma sono tutti diversi e il migliore esempio è il “Miserere” che ognuno esegue con lo stesso testo ma con una musica completamente diversa. Tre modi diversi di vedere l’Isola. Questa è la Sardegna. La differenza nel modo di cantare il “Miserere” si esprime poi nei dialetti, nei cibi, nei visi della gente che raccontano una ricchezza incredibile che esiste solo da noi. È il Continente/Isola raccontato da Marcello Serra alla fine degli anni ’50 e che oggi, nonostante il progresso e la successiva omologazione dei pensieri e delle genti, in Sardegna continua fortunatamente ad esistere e noi proviamo a raccontarlo e a documentarlo con il viaggio di “!50” che è un viaggio umano prima che musicale. Il concerto di Castelsardo si tiene alle 19.30 sotto il Castello dei Doria. La scenografia sono le rocce sulle quali si posano dei grandi gabbiani che stanno incuranti della nostra presenza. È dietro di loro che il mare apparirebbe infinito se l’orizzonte non fosse tagliato dall’Isola dell’Asinara dietro la quale tramonterà il sole, mentre stiamo suonando il secondo bis. Chi ha scelto il luogo per il concerto sapeva bene ed è per questo che oggi inizierà alle 19.30. Clarence Penn, Lars Daniellson e Jan Lundgren arrivano poco più di un’ora prima e siamo costretti a fare le prove in velocità. L’ultimo concerto lo abbiamo tenuto ad Amburgo ai primi dell’anno e dunque è necessario ripassare minimamente la musica che fortunatamente non è complessa. Suoneremo “Brotherhood” che dà il titolo al nostro progetto e che è composto da Clarence, i brani “The man in the fog” e “The Poet” di Jan, il mio “Ton Kotz” ispirato ad una ninna nanna bretone, il brano “Cyclamin” di Lars e un altro arrangiamento di “Non Potho reposare” stavolta più classico rispetto alla versione eseguita a Belvì con Daniele di Bonaventura. L’improvvisato camerino è dietro una roccia e Roberto mi porta da firmare un po’ di bottiglie di Vermentino “Mattariga” e di Cagnulari di Usini. Oggi le Cantine Chessa sono il nostro sponsor e stappiamo anche una bottiglia sul palco ringraziando Giovanna, l’artista del vino. Dicono che il tramonto sia stato una cosa incredibile. Quasi da piangere. Dicono perché solo il pubblico l’ha potuto apprezzare visto che noi eravamo spalle al mare e del mare ne abbiamo percepito solo la presenza con la salsedine, i riverberi e le grida dei gabbiani. Peccato che stasera non ci fosse linea sufficiente per trasmettere in streaming… Andiamo via che è già buio ma scopriamo che il posto è talmente scosceso che le nostre macchine non ce la fanno a risalire. Né il furgone di Lorenzo né il camion del pianoforte ce la fanno. Solo il camion di Gianni Melis con tutta la strumentazione riesce e noi brindiamo ma non prima di avere in regalo da Salvatore Tulu, Angelo Cavaglieri, Giampaolo Tugulu e Matteo Santoni (il Sindaco di Castelsardo) un paio di brani di polifonia sotto gli occhi increduli dei miei colleghi di Brotherhood. Stasera non è Lunisanti, ma quando attaccano lo “Stabat” tra i furgoni e i camion impantanati sembra di essere li, tra il Cristo, gli uomini incappucciati, i gabbiani e il mare azzurro.

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