Terroristi a St. Moritz

Lo strano caso di Ahmad Jamal e del suo omonimo yemenita

Recensione
jazz
Tutto si sarebbero aspettati gli organizzatori del St. Moritz Jazz Festival, ma mai avrebbero immaginato che le autorità statunitensi congelassero il loro pagamento dell’anticipo di diecimila dollari per il concerto di Ahmad Jamal. La motivazione ufficiale? "Donazione al terrorismo".
A causa infatti dell’omonimia del celebre (ma forse non troppo, date le circostanze) pianista con il presunto terrorista yemenita Jamal Ahmad Mohammad Ali Al Badawi, si è forse ritenuto fosse più probabile che dalla Svizzera giungessero soldi per attività criminose che non un normalissimo cachet per un mito del jazz. A ciascuno il piacere di riflettere e sorridere su questa notizia – che si spera e si presume possa essere rapidamente rubricata sotto le curiosità che certi automatismi procedurali spesso generano – ma non c’è dubbio che anche chi ha fatto la storia di un linguaggio che gli Stati Uniti orgogliosamente e giustamente rivendicano come "la loro musica classica" possa risultare poi, nell’anonimato dei tabulati, non l’originale pianista che ha influenzato addirittura Miles Davis, ma un possibile nemico della patria.
Forse la cosa non sarebbe successa se Jamal si fosse continuato a chiamare con il proprio nome di battesimo, Frederick Russell Jones, ma forse andrebbe anche ricordato come il musicista si sia convertito all’Islam – e in particolar modo al movimento Ahmadiyya, da sempre lontano da integralismi e violenze – all’inizio degli anni Cinquanta, ben prima che il suo omonimo yemenita venisse al mondo!
Come Jamal molti altri celebri jazzisti, da Yusel Lateef (all’anagrafe William Emanuel Huddleston) a Art Blakey (dopo la conversione Abdullah Ibn Buhaina, ma fedele al "nome vincente" sulle copertine dei dischi e i manifesti dei concerti) hanno abbracciato la fede musulmana e le loro "armi" sono state sempre e solo sonore. Più orgoglio per i propri artisti e meno paura. Che ne dite?

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