Omaggio a Conchita

Si conclude il prossimo 15 marzo nella città di Rovereto (Trento) un ricco calendario di eventi che da più di un anno ruota attorno alla figura di Conchita, passionale e controverso personaggio femminile germogliato dalla penna di Pierre Louÿs nel romanzo "La femme et le pantin" (1898) e fonte successiva d'ispirazione per diversi artisti lungo tutto l'arco del Novecento.

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Si conclude il prossimo 15 marzo nella città di Rovereto (Trento) un ricco calendario di eventi che da più di un anno ruota attorno alla figura di Conchita, passionale e controverso personaggio femminile germogliato dalla penna di Pierre Louÿs nel romanzo "La femme et le pantin" (1898) e fonte successiva d'ispirazione per diversi artisti lungo tutto l'arco del Novecento. Tra le opere nate dal racconto di Louÿs spiccano il dramma lirico di Riccardo Zandonai Conchita (1911) ed il film di Luis Buñuel Quell'oscuro oggetto del desiderio (1977). Sarà proprio il dramma lirico del musicista roveretano ad essere eseguito in forma di concerto giovedì 15 marzo, ad ore 21, presso l'Auditorium Melotti del MART dall'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretta per l'occasione da Maurizio Dini Ciacci e con la partecipazione del soprano Ombretta Macchi e del tenore Gianluca Zampieri. Il progetto "Conchita - Percorsi del desiderio intorno a un mito del Novecento", promosso dal Laboratorio permanente di studi zandonaiani, ha preso avvio l'8 marzo del 2006 con una mostra documentaria dedicata al soprano Tarquinia Tarquini, indimenticata e impareggiabile interprete del ruolo. Nel corso dei mesi seguenti una decina di eventi tra proiezioni cinematografiche, serate di teatro, momenti musicali ed un convegno internazionale di studi, ha sviluppato l'indagine su questa straordinaria figura di donna e contestualmente approfondito molte tematiche relative al mondo femminile. Il Laboratorio permanente nasce a Rovereto da un nucleo precedente formatosi nel 1994 all'interno della Civica scuola musicale intitolata allo Zandonai. Ne è coordinatore il musicologo Diego Cescotti, che ha curato tra l'altro il catalogo tematico del musicista edito dalla LIM nel 1999. Chiediamo dunque a Cescotti di spiegarci quale sia il rapporto che lega indissolubilmente la vita artistica e personale di Riccardo Zandonai al personaggio di Conchita? "Gli incroci artistici ed esistenziali sono molteplici. Da un lato il compositore diede con quest'opera di rottura la misura del proprio valore, imponendosi a livello internazionale come operista agguerrito e aggiornato sui portati più avanzati provenienti dalle correnti modernistiche d'oltralpe. La sua partitura così singolarmente irruenta e generosa gli guadagnò un'attenzione speciale da parte degli osservatori, specie per l'estrema perizia della scrittura orchestrale, che suonava a tutti gli effetti del tutto nuova e originale. Ma nello choc provocato da Conchita giocava anche la particolare natura del testo prescelto, così lontano dal modello medio dell'operismo sentimentale all'italiana. La storia d'amore tra Conchita e Mateo, con le sue continue attrazioni e ripulse, promesse e fughe, e non senza sottolineature di estremismo erotico, impresse un tono nuovo al tematismo melodrammatico nostrano. Nell'esperienza di Zandonai, allora ventiseienne, la figura di Conchita (giovane sigaraia) incarnava i caratteri di tutta una sua personale rete di memorie e di simboli risalenti agli anni lontani trascorsi nel paese natìo di Sacco. Qui, in questo piccolo borgo sull'Adige, una grande fabbrica di tabacchi costituiva la più importate fonte di sostentamento, e quando egli se ne partì per andare a studiare al Liceo musicale di Pesaro, dovette portare inevitabilmente con sé l'immagine dell'operaia nella quale vedeva confluire la figura materna e il ricordo delle ragazze che affollavano il paese lavorando in un percorso di emancipazione, di indipendenza, talvolta di spregiudicatezza. Acquisito il libretto, fu inviato in Spagna da Ricordi per raccogliere idee e impressioni sul patrimonio musicale di quel Paese, rimanendone felicemente irretito. Il lavoro alla partitura, a cui si accinse appena rientrato in patria, si accompagnò all'esperienza di una difficile relazione amorosa con una ragazza di Sacco, che gli fu facile assimilare immaginativamente alla figura di Conchita. Sotto l'influsso di questa esperienza dolorosa, lavorò "rabbiosamente" alla sua opera, consapevole di non creare una replica pura e semplice di Carmen ma di dare di quel prototipo femminile una lettura più moderna e più sottilmente indirizzata alla definizione del suo lato nevrotico. Agiva insomma in lui una chiara coscienza culturale ed estetica. Quando poi il travaglio creativo si compose in una partitura finita, l'editore presentò al giovane maestro l'interprete scelta per il debutto milanese, il soprano senese Tarquinia Tarquini. Fu il classico colpo di fulmine: Zandonai la sposerà di lì a qualche anno, dopo che ella avrà legato la propria fama di artista a quel ruolo interpretato in modo inarrivabile." La serata del 15 marzo riporta nelle sale un'opera poco frequentata. Quale fu la storia ed il destino della Conchita di Zandonai? "Il lancio, in quei primi anni '10, era stato sostenuto con impegno eccezionale dalla Casa Ricordi, che propiziò esecuzioni non solo nelle più importanti piazze italiane ma anche all'estero, dal Covent Garden al Metropolitan di New York e in molti altri teatri del Nord e Sud America; più tardi anche all'Opéra-Comique. In quei decenni le caratteristiche vocali insidiosissime della protagonista ne facevano un ruolo assai ambìto dai soprano di spinta. Se ne ricorda anche un adattamento per mezzosoprano offerto da Zandonai alla leggendaria Gianna Pederzini, che ne fu probabilmente l'ultima grande interprete. L'opera rimase in repertorio fino agli anni '50, ma in allestimenti sempre più sporadici. Inevitabilmente, il duraturo sucesso di Francesca da Rimini ostacolò il percorso di Conchita e di tutte le altre del catalogo zandonaiano. Ed inevitabilmente giocò anche un fattore legato al mutamento dei gusti. In tempi moderni se ne registra una comparsa isolata al festival di Wexford; ma in Italia l'opera manca da quasi cinquant'anni. Di qui l'importanza dell'attuale ripresa roveretana, che si pone a tutti gli effetti come una riscoperta e una rivalorizzazione, non come la passeggera ammirazione di un reperto archeologico."