Manu Dibango morto per Covid-19

Addio a Manu Dibango, padre della disco, dell'afro-jazz e della world music: aveva 86 anni

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Manu Dibango
Manu Dibango

Il coronavirus colpisce anche i musicisti, e arriva purtroppo la prima vittima illustre: è Manu Dibango. Dibango, 86 anni, è morto ieri sera a Parigi – ha confermato il suo management – in seguito a una infezione da Covid-19. 

Dibango è stata figura centrale negli sviluppi delle musiche africane del ventesimo secolo. Nato a Douala, Camerun, nel 1933, già a 15 anni è a Parigi per studiare musica (nonostante le dure critiche dei genitori): si forma come pianista, e a metà anni Cinquanta passa al sassofono, che sarà il suo strumento d’elezione per oltre 60 anni di carriera, e al vibrafono. In questi anni lavora come jazzista tra l’Europa (Parigi e Bruxelles) e l’Africa: tra il 1961 e il 1966 è in Zaire dove suona con Kabaselle and the African Jazz.

Comincia anche, in parallelo, la sua carriera solista: il primo LP è O Boso (1971-72). É con il terzo album Soul Makossa, però, che tutto cambia. Uno hippie newyorkese, David Mancuso, trova l’edizione francese del singolo di “Soul Makossa” in un negozietto giamaicano di Brooklyn, e comincia a suonarlo nel suo loft. Mancuso diventerà uno degli “inventori” della disco music così come la conosciamo, e “Soul Makossa” si trasformerà in un successo, preconizzando la moda della disco e influenzando innumerevoli musicisti e DJ a venire. Dibango diviene il primo musicista africano a centrare una hit internazionale di questa portata, e un profeta della musica africana nel mondo.

Negli anni seguenti, forte del successo (che non sarà replicato) Dibango suona ovunque, con musicisti di ogni nazione, da Sly & Robbie ai Fania All Stars; per un certo periodo dirige l’Orchestre RTI, la house band della TV camerunense. Negli anni d’oro della world music, lo status acquisito come “padre della disco” lo rende un musicista di punta della scena, maestro per molti musicisti africani e non.

Una vita lunga, intensa e romantica, quella Dibango (anche raccontata, all’inizio degli anni Novanta, nella bella biografia Tre chili di caffè, pubblicata in Italia da EDT), che ha continuato a suonare fino a poco tempo fa: nel 2019 e 2020 sarebbe stato in giro per celebrare i suoi 60 anni di carriera.

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