Tutte le idee di Luca Perciballi
Il lavoro del chitarrista Luca Perciballi con il suo Organic Gestures Trio è una delle sorprese dell'anno
Finale d'anno con il botto per la Aut Records, etichetta di stanza a Berlino a gestione italiana, con un lavoro che trabocca personalità e idee e che fa il paio con l'eccellente Elements, a firma Fabrizio Puglisi e Günter Baby Sommer. Luca Perciballi è un chitarrista modenese, improvvisatore e didatta.
Premio Gaslini nel 2016, compositore in residenza presso Tempo Reale a Firenze nel 2017 e di nuovo nel 2018, ha lavorato come assistente per Lawrence Butch Morris. Un musicista eclettico e aperto a stimoli diversi e non sempre convergenti, che spazia dall'elettroacustica all'installazione, dal sound design alla musica per danza e teatro, alla scrittura per piccolo e largo ensemble sino al jazz in senso largo, o stretto, fate voi.
Sappiate solo che questo disco è niente di meno che una bomba. Sette composizioni che a ogni ascolto svelano nuovi lati di un prisma che non sembra conoscere fine, ricchissime di dettagli eppure mai cervellotiche né gratuite, mobili, vive, pulsanti, ispirate, sorprendenti. Il groove sfuggente da terremoto celeste di "Poiesis I" mette già le cose in chiaro: dettato libero e imprendibile, un mood nevrotico e urbano che può ricordare le ossessioni degli Horse Lords in versione cameristica o dei Don Caballero liofilizzati: riferimenti che non a caso sono lontani dal jazz per un trio che si muove con grande naturalezza in terre di mezzo dove affluiscono fiumi diversi: l'ipnosi reiterativa di certo post-rock, l'idea di composizione come campo aperto dell'avant più affilato, un funk implicito e implacabile che spinge in avanti, sempre e comunque.
Molto ben accompagnato da Andrea Grillini alla batteria e da Andrea Grossi al contrabbasso (un altro musicista da tenere assolutamente sotto osservazione per quanto di molto buono ci ha già fatto sentire dal vivo e con i suoi dischi su We Insist! Records), Perciballi si muove con disinvoltura tra selve ispide e rigorosi teoremi matematici: non fa prigionieri "Breeding Cycle I", in particolare da quando entra la sezione ritmica; un dettato fitto e appuntito che potrebbe fa pensare a Tim Berne o al Trio Convulsant di Trevor Dunn, Mary Halvorson e Ches Smith, ma si differenzia per il fatto di essere suonato con un'intenzione diversa, meno muscolare, se vogliamo.
La peculiarità di questo trio è proprio quella di sapersi porgere con lievità e naturalezza, pur approcciando una materia dai molti spigoli, intricata e vorticosa. Bisognerebbe fare la cronaca di ogni singola traccia, perché ognuna racchiude tesori benvenute sincopi, virgole nascoste, segreti: ci limitiamo qui a evidenziare i crepitii e i segnali morse di "Breeding Cycle II", con il contrabbasso parlante di Grossi in evidenza protagonista di un giro che penetra dentro sin dal primo ascolto, sul quale fiorisce una chitarra che fruga negli spigoli dove si accumulano ombra e polvere, e la lunga "Eating Litchens", dedicata a Luigi Ghirri, che parte ctonia e astratta per evolversi poi in una sorta di sghemba fanfara e infine prendere il volo.
Perciballi usa con intelligenza e grande musicalità l'elettronica e ha una voce personale alla sei corde (ci è tornato in mente, mutatis mutandis, un altro chitarrista italiano che per certi versi ha un approccio simile: Biagio Marino, protagonista del bel Somestring Else su FonteRossa Records nel 2020); il dialogo con i due compagni è serrato e fluido, quasi telepatico (fa fede il jazz-rock vulcanico e inquieto di "Breeding Cycle III"): l'ispirazione non conosce battute di arresto, le tracce sono zeppe di idee mai banali o didascaliche, molto ben suonate ed ancora meglio pensate.
Personalmente non vedo l'ora di sentire il trio dal vivo: il cd si ostina a non voler uscire dal mio lettore. Una delle più belle sorprese del 2021 per la scena creativa, non solo italiana.