J.&F. Band, un inno alla gioia

Joe Fonda e Jaimoe con un supergruppo italo-americano per un liberatorio jam-rock intriso di blues e jazz

J&F Band - Cajun Blue
Disco
jazz
The J.&F. Band
Cajun Blue
Long Song Records
2020

Bassista per quindici anni con vari organici del maestro Anthony Braxton, Joe Fonda è artista poliedrico e compositore con all'attivo collaborazioni infinite (citiamo tra i tanti Wadada Leo Smith, Bill Dixon, Han Bennink, Carla Bley). Protagonista di diversi dischi pubblicati da Long Song Records, (ad esempio in duo con la pianista Satoko Fuji o in trio con lei ed il sassofonista, deus ex machina di Amirani Records, Gianni Mimmo), torna per l'etichetta milanese con il secondo lavoro della J&F Band, dove la J è quella di Jaimoe, il batterista celebre per essere stato tra i membri fondatori degli Allman Brothers Band.

Cajun Blue è un disco torrido e generoso, un inno alla gioia in musica declinato secondo il verbo di un jam-rock intriso nel blues, nel jazz e nel soul. Sessions infuocate e torrenziali, dove pare quasi di vedere il flusso del Singing River, il Tennessee per come lo chiamavano i nativi americani, e lungo le cui rive, in Alabama, sorgeva Muscle Shoals, luogo di tante incisioni memorabili nel corso degli anni Settanta.

In questo disco luminoso e psichedelico sono istantaneamente percepibili voglia di oltrepassare confini, libertà, divertimento: gli undici musicisti coinvolti (segnaliamo Tiziano Tononi all'altra batteria ed anche autore delle tracce con Fonda, protagonista l'anno scorso di un ispirato tributo ad Ornette Coleman e Fabio Treves all'armonica) viaggiano senza freni all'interno di composizioni lunghe ed articolate, capaci di scorrere sempre con grande naturalezza. Una sezione fiati a tre (la tromba di Alberto Mandarini, il trombone di Beppe Caruso e la tuba di Gianluigi Paganelli) fa fiorire pezzi grondanti un gospel terrigno che invoca divinità sculettando in una bettola davanti ad un abbondante piatto di soul food; alla voce un altro erede della stirpe Allman Brothers, il cantante Lamar Williams Jr, figlio del bassista della band di Whipping Post, e alla chitarra il texano, anch'egli dal curriculum chilometrico, David Grissom.

I dodici minuti della title track mettono subito in chiaro le cose, tra squarci di sole, afflato corale, piogge elettriche, un'orgia di suoni caldi e pastosi a staccare inni a un cielo complice. Travolgente anche "Jazzica", come i Phish in combutta con Yo Miles! (il fantastico tributo al Davis elettrico architettato anni fa da Wadada Leo Smith ed Henry Kaiser), che invece che gettarsi nel mare tempestoso del caos buttano l'amo in pescose oasi blues (ottimo il lavoro del tastierista Pee Wee Durante, classicissimo e accogliente il treno di "Cold Shot", come la languida "As the Years Go Passing By", con Treves in grande spolvero).

Mediamente le distanze percorse sono lunghe, ad abbracciare all'interno dello stesso territorio musiche nerissime e bianche insieme: una febbre sottile e inesorabile attraversa come un corso d'acqua lento e inesorabile ogni istante di un disco che farà la gioia dei corrucciati intellettuali – il mettere infiniti punti di domanda al blues, fino a fletterlo in avant di "Speech Fo(u)r Five" – come di chi cerca ristoro in un disco come in una birra ghiacciata ("Crosscut Saw)".

Un album insomma capace per una volta di fare andare finalmente d'accordo viscere e intenzioni, stomaco e cervello, sudore e nitore; prova ne siano i ventuno minuti della finale "We Night Riders", un viaggio epico nelle paludi del Sud che lascia stremati e felici, con tanto di citazione da "Goodbye Pork Pie Hat" di Mingus. Dopo lo scintillante From The Roots to the Sky, il primo lavoro dell'ensemble, un'ottima conferma. In attesa del terzo, già annunciato capitolo. Keep on groovin'!

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