Oneohtrix Point Never
Garden of Delete
Warp
Mettiamo subito le cose in chiaro: è molto più di un disco, con i suoi dodici pezzi in tre quarti d'ora e qualche secondo. Fosse tutto lì, diremmo che si tratta di un bizzarro esercizio sul suono elettronico. Faremmo però torto a Daniel Lopatin, trentatreenne produttore statunitense fra i più inventivi della sua generazione. Per dare forma e senso all'ottavo album intestato all'enigmatico alter ego Oneohtrix Point Never, infatti, ha costruito un mondo. C'è Ezra: alieno umanoide condannato a un'eterna pubertà e intestatario del blog Kaossed. E una band "hypergrunge" chiamata Kaoss Edge, con tanto di sito web ufficiale.
L'uscita di Garden of Delete - il cui titolo sembra alludere al trittico di Hieronymus Bosch "Il giardino delle delizie", dirottato tuttavia verso la contemporaneità digitale - è stata preceduta poi dalla pubblicazione dei file MIDI riferiti ai suoi contenuti. Siamo dunque di fronte a un'operazione concettuale, per di più - a detta dell'autore - ispirata al saggio sull'abiezione I poteri dell'orrore della filosofa e psicanalista Julia Kristeva. La musica ne costituisce solo una parte, insomma, ancorché dotata di maggiore evidenza. Ascoltandola, ci s'immerge in una sorta di universo parallelo popolato da voci deformate dall'auto-tune (ad esempio nell'elegiaco epilogo "No Good") e agitato da un'alternanza nevrotica di quiete e parossismo (esemplare il maelstrom artificiale in cui precipita "Sticky Drama", tipo "metal da rave") che rimanda alle burrasche ormonali dell'adolescenza. E in tutto questo, fra scorci di barocco al silicio ("Mutant Standard") ed euforica verve sperimentale ("I Bite Through It"), sbuca fuori persino una dolente melodia pop proveniente da chissà quale futuro ("Animals"). E quindi? Come minimo geniale.