Kuku
Kuku
Improvvisatore involontario
Kuku (Improvvisatore Involontario) prosciuga il tempo, dilata gli spazi sonori e creativi della forma trio La prima sorpresa non scatta all’ascolto ma per quel 37’26” che risalta sul display del lettore cd. La brevità non è proprio di moda di questi tempi dove si tende ad accumulare molti materiali come se quantità sia automaticamente traducibile con qualità. I tre Kuku – Sara Montagni voce, flauto, sensors; Tommaso Rosati live electronics, batteria, devices; Martino Rappelli chitarre – ci dimostrano il contrario.
La brevità ci offre anche maggiori possibilità di immersioni nella musica. E la musica di Kuku è un mondo complesso, ambiguo, tra dolcezze, inquietudini e radicalità. Un mondo sonoro stratificato, spazi che si intersecano, si contaminano, si deformano. Non si sa mai dove ti porteranno. Non c’è da fidarsi della voce suadente della Montagni, del suono puro del suo flauto: in un attimo lo scenario cambia e ti ritrovi in un labirinto inestricabile. Come dell’elettronica, dei vari dispositivi usati e hardware sviluppati per il progetto che sporcano con un pulviscolo sospeso, disturbano, alterano costantemente tutti gli ambienti sonori. Neanche della chitarra, che alterna una funzione tradizionale di sottofondo saturo a lampi astratti, strappi rock, c'è da fidarsi.
L’andamento dell’aspetto ritmico è singolare. Lo sviluppo spigoloso di tempi dispari convive con più rilassanti 4/4, tentazioni etniche, in un equilibrio mai banale, sempre stimolante. Il trio dimostra una frizzante capacità nell’uso aperto e spregiudicato dei linguaggi (indicano come ispiratori Modeselektor, Mingus e Björk). Depura il jazz, la classica forma trio, dai suoi luoghi comuni, per renderlo come grammatica libera di indagare, allora la cura di ogni dettaglio e colore, sia esso elettronico, naturale o artificiale, funziona come costruzione rigorosa di un puzzle variegato. Tutto è a posto nel mondo Kuku, ma in un eccitante disordine creativo.