Road to Wembley, proprio come il claim della Champions League dello scorso anno, vinta per la quindicesima volta dal Real Madrid: infatti Blur: To the End è il documentario che ripercorre il cammino del gruppo, dalla registrazione di un nuovo album nel 2023 – The Ballad of Darren, otto anni dopo il precedente The Magic Whip – e dalle prime date inglesi del tour fino alle due trionfali di Wembley di fronte a 160.000 spettatori.
Blur: To The End (presentato in anteprima allo Sheffield DocFest il 14 giugno 2024 e che apre il 21 febbraio Seeyousound 11 a Torino) è il quarto documentario dedicato ai Blur, dopo Starshaped (1993), No Distance Left To Run (2010) e New World Towers (2015), ed è stato annunciato come un viaggio intimo nel cuore della band, tra momenti in studio, performance live (per la verità poche) e la vita on the road. Dopo l'anteprima, sarà nelle sale italiane il 24, 25 e 26 febbraio distribuito da Adler Film.
I “Britpop Monkees” - come sono stati definiti con una punta di sottile perfidia – si rimettono insieme sì per incidere un nuovo disco ma soprattutto per coronare il sogno di suonare a Wembley, anche se i fan non presenti allo stadio hanno dovuto aspettare qualche mese per ascoltare quei concerti, per la precisione il 6 settembre, giorno in cui sono usciti il documentario e il relativo doppio album Blur: Live at Wembley Stadium.
«Meno facciamo e più grandi diventiamo» - Dave Rowntree, batterista
The Ballad of Darren è pronto – e sì, il risultato finale non è male – e si parte per qualche data di rodaggio prima dei due grandi appuntamenti londinesi: ne ricordo tre, Wolverhampton, Eastbourne e Colchester, vale a dire il ritorno a casa.
E proprio qui c’è una delle scene più belle del film, quando Albarn e Coxon scoprono che l’aula di musica della scuola media da loro frequentata è stata nominata in loro onore. A quel punto i due si sentono in dovere di suggerire un paio di migliorie del tipo una tappezzeria paisley e una scodella di marijuana: l’espressione asettica ma in realtà inorridita del preside vale da sola il prezzo del biglietto.
Wembley si avvicina ma non tutto fila liscio, ci sono dei punti interrogativi: i concerti si potranno tenere anche se tre dei quattro membri del gruppo hanno seri problemi alle ginocchia (soprattutto il batterista, costretto a camminare con le stampelle), così seri da consigliare la cancellazione di alcune date in Francia?
Il prolifico Damon si sentirà sufficientemente motivato - «Se non lo tieni focalizzato sul lavoro del momento, lui scriverà un’altra opera, non sto esagerando», racconta meravigliato il bassista nonché fumatore compulsivo ed ex (?) alcolista Alex Jones? Conoscete già le risposte, quindi non mi dilungherò oltre.
«C’è sempre un motivo davvero buono per non andare a letto» - Alex Jones
Invece di una reunion di una band carismatica di amici senza dubbio talentuosi, il film inconsapevolmente – almeno credo – ci restituisce il ritratto di un gruppo di uomini di mezz’età, piuttosto cinici, scollegati emotivamente e in preda a una crisi esistenziale di fronte alla cinepresa.
Non fraintendetemi, il documentario non è solo una riflessione sull’inevitabile avanzata della morte, ma la conclusione di Albarn «Il successo ti scombussola molto più del fallimento» mi è sembrata un tema dominante, almeno per i primi tre quarti della narrazione, mettendo in discussione la mia convinzione che la musica dei Blur fosse sinonimo di divertimento, caratterizzata da fascino giovanile, cameratismo e umorismo ironico.
Invece To The End presenta un Albarn maniaco del lavoro, probabilmente l’unico che sta mettendo il cuore in questa nuova avventura, che riunisce uno sconsolato e indifferente gruppo di tizi che una volta si piacevano. Descrivendo Wembley, il chitarrista Graham Coxon riassume questa sensazione lamentando che «il pavimento di cemento lucido fa suonare tutto come una merda e non ti fa sentire a tuo agio, qualsiasi cazzo di cosa tu stia suonando. Davvero una grande cazzo di maniera di mettersi di nuovo insieme».
In ogni caso, quali che siano le dinamiche tra i membri del gruppo, le loro esibizioni dal vivo sono proposte meravigliosamente e vedere i Blur trasformarsi in musicisti gioiosi e frenetici amplifica il loro suono sbalorditivo.
Il problema con To The End è che si arriva alla fine senza aver capito bene che cosa vuole essere: è una specie di film sul loro album Live At Wembley, è una specie di documentario sul processo di registrazione e sul tour conseguente o è una specie di biopic emotivo della band? Direi che non lo sa neanche il regista, tant’è che il documentario si perde lungo il cammino cercando di esplorare tutti i diversi temi.
E alla fine, come ha sottolineato acutamente Ryan Gilbey su The Guardian, il momento più esemplare non appartiene a questi quattro tizi bianchi benestanti ma a qualcun altro: Pauline Black, cantante dei Selecter, si prepara per il suo concerto come spalla a Wembley riflettendo sul perché lei continua a perseverare dopo tutti questi anni; dice che razzismo, sessismo e vari altri ismi che sembravano essere stati sconfitti sono di nuovo qui, nocivi come sempre. È un promemoria per ricordare che non tutti hanno avuto una vita facile come presumibilmente i quattro Blur e un salutare campanello d’allarme in mezzo al sogno a occhi aperti da scena pop del film.
Però, bisogna riconoscerlo, gli ultimi venti minuti salvano tutto: benché non sia decisamente un film sul concerto (quello, come già detto, è uscito tre mesi più tardi), vedere i Blur esibirsi a Wembley è la parte più toccante del film. Le canzoni sono state scelte con cura, registrate e mixate in maniera splendida e la reazione del pubblico ha offerto nuova linfa alla band affaticata.
Pur affermando che questo documentario è troppo lungo e troppo deprimente, rimane il fatto che i Blur sono una band magnifica. La tenera e intrigante amicizia tra Albarn e Coxon, la presenza riflessiva ma allo stesso tempo spiritosa di James, la natura gentile di Rowntree, tutto concorre a evitare che To The End sia completamente deprimente.
E, quale dovrebbe essere l’obiettivo di ogni buon documentario su una band, mi ha costretto a riascoltare i dischi del gruppo e mi ha ricordato che band intensamente diversa, esuberante e straordinaria sono riusciti a creare e conservare questi quattro (ex)ragazzi. Blur at Wembley, mission accomplished.
«Sono una luce che risplende nei tuoi occhi, tu probabilmente la farai risplendere di rimando su di me, però questa volta non cadrò, con buona fortuna darò retta ai segnali» - The Narcissist