Come ci ha abituato in questi anni, il Festival bolognese AngelicA offre per tutto il mese di maggio una serie di stimolanti percorsi nelle musiche creative di oggi.
Composte, improvvisate, di geografie vicine o lontane, retrospettive o futuribili, acustiche o digitali. Comunque lo si veda, il programma del festival, che Massimo Simonini ha curato come d’abitudine facendosi affiancare da una serie di altre “visioni”, è ricco di appuntamenti da non perdere.
Sul sito di AngelicA trovate il programma completo. Noi ne abbiamo parlato con lo stesso Simonini.
Incomincerei questa nostra chiacchierata per introdurre il ricco mese del Festival Angelica da una cosa che scrivi nel testo introduttivo del programma. “Qualche tempo fa leggevo una citazione di Keith Haring: 'Art is for everybody' (l’arte è per tutti); al di là delle implicazioni del suo tempo e di quello che forse era necessario dire e fare, ho pensato subito invece come risposta: l’arte è dentro tutti, ma non è per tutti”. Ti va, rapidamente, di darci qualche elemento in più su questa tua riflessione?
«Quando spieghiamo è come se si perdesse qualcosa, le altre possibili interpretazioni si spengono, ma cerco di portare più significati... È una risposta immediata, non ci ho pensato, mi è venuto da dire così e poi mi rendo conto che è una cosa che mi interessa e la scrivo per ricordarla... Poi, quando rileggo quello che scrivo, mi accorgo anche che le interpretazioni possono essere diverse e questo non mi dispiace... Una lettura che mi viene da dare è questa: dentro di noi ci sono tante cose da risvegliare e da richiamare, e con l’aiuto di quello che c’è fuori si può accendere qualcosa che ci rende più disposti ad aprire questo tesoro, per gli altri e per noi stessi...
Se intendiamo l’arte in un certo modo allora noi la possediamo già, l’abbiamo dentro. Nella mia vita ho sempre frequentato persone molto diverse e questo per me è stato importante, è parte della mia formazione, e sono rimasto colpito di fronte alla sensibilità, allo spirito, di persone che facevano mestieri e avevano interessi molto lontani dal mio e avevano bisogno di un nutrimento completamente diverso dal mio...»
«Se intendiamo l’arte in un certo modo allora noi la possediamo già, l’abbiamo dentro».
«Io per esempio mi immergevo dentro ore di ascolti di musica e loro facevano tutt’altro e questo, per quanto sembri una banalità (e forse lo è), penso non vada dimenticato, quando ci diciamo certe cose sull’arte e sul mondo dell’arte o facciamo congetture che fanno scoppiare la testa...».
Certo…
«Mi è capitato di fare ascolti di musica mirati e guidati da me, con persone appunto così distanti, senza esperienza o conoscenze di musica e quello che mi hanno detto di quella musica per me era vivo ed emotivo e possedeva una profondità che mi capitava raramente di sentire da altri, per esempio da certi colti musicologi – che sono anche necessari, seppure possano raffreddare tutto e dissociare l’arte, la musica, dall’esistenza e da un processo emotivo che si svolge.... A volte consideriamo "arte" quello di cui (eventualmente) ci occupiamo, ma per altri non si tratta di arte, forse di altro.
Capovolgendo il discorso si potrebbe dire che l’arte non è per tutti perché tante persone non vogliono accendere dentro di loro emozioni dolorose, non vogliono faticare o (come si dice) perdere tempo con certe cose».
«A volte consideriamo "arte" quello di cui (eventualmente) ci occupiamo, ma per altri non si tratta di arte, forse di altro».
«Prima di arrivare a vivere l’arte ci sono diversi passaggi che ci coinvolgono e non sono facili, poi certo arrivano i regali, ma arrivarci non è da tutti, non è per tutti...».
Sono d’accordo con te.
«Forse se non guidiamo (se siamo in grado) l’altro verso quell’arte, l’altro non ci entrerà mai. Da un lato pare che ci sia chi non sente il bisogno dell’arte per la sua evoluzione e dall’altro chi forse ne avrebbe bisogno, ma la evita. In entrambi i casi forse possiamo dire che uno scambio, reciproco, delle proprie qualità (artistiche) deve fare bene, ma potrei andare avanti ancora, spero ci sia qualche spunto per andare oltre!».
Veniamo allora a questa edizione di AngelicA. Sempre più, in questi anni, costruisci il programma con l’aiuto di curatori che pensano insieme a te i singoli appuntamenti. Quanto questa pluralità di visioni e di ascolti accresce la linea del Festival?
«È un tesoro che si condivide, mi è sembrato necessario, è diventato necessario. La pluralità a volte può portare anche ad avere meno personalità, non mi sembra il caso di AngelicA, ma anche se fosse mi interessa questo uscire di strada, mi interessa uscire da una sorta di purezza a cui ho tenuto molto e trovare altro se possibile. Forse se lo chiedono qualche volta gli stessi curatori, quando vedono un concerto molto distante da quello che è il loro gusto, questo è un po’ al limite. Il limite è interessante».
David Behrman, Alvin Curran, Evan Parker, Gavin Bryars, Anthony Braxton… leggendo alcuni nomi presenti nel bellissimo cartellone del Festival mi vengono un paio di considerazioni. Si tratta di musicisti fondamentali e fantastici, tra i più originali e influenti degli ultimi decenni. Sono anche tutti musicisti ben sopra i 70 anni. Segno che una stagione (per quanto ampia e impossibile da ridurre a un concetto unitario) è stata irripetibile?
«È il programma che siamo riusciti a comporre e comprende tanti mondi, come è tradizione di AngelicA. Walter Rovere – uno dei curatori – che ci fa incontrare David Behrman, Sergio Sorrentino che ci fa conoscere un altro Gavin Bryars...».
«Il limite è interessante».
«Più che irripetibile direi che possiedono (ancora) qualcosa di necessario e hanno scelto la loro strada piuttosto che la strada di altri, certo con tutte le loro guide e influenze, e il contesto e tempo nel quale sono cresciuti non è certo quello di oggi».
Quali sono i musicisti delle nuove generazioni che – a AngelicA quest’anno, o anche no – ti sembra possano aggiornare quello spirito creativo?
«Ci sono tanti giovani musici che hanno uno slancio creativo importante e altri che sembra non riescano (anche per ragioni di sostegno serio alla musica e a chi la fa) a produrre la loro musica. È più semplice fare quella degli altri (non parlo degli esecutori che danno forma alla musica dei compositori, ma dei musicisti che intraprendono strade che non sono loro). È difficile seguire un’idea, parlo di un’idea che percepisci forte dentro, senza farsi tirare indietro dalle critiche (anche se a volte le critiche ci aiutano ad evolvere) e riuscire a lavorare facendo musica che risponde a quell’idea.
Scorrendo i programmi di AngelicA dal 1991 a oggi (28 anni) penso si possano individuare giovani voci della musica che poi nel tempo sono anche diventate voci internazionali o che forse lo saranno e che comunque hanno seguito la loro idea di fare musica. Anche in questo “momento maggio” 2018 abbiamo diverse generazioni che si incontrano, dai 4 agli 81 anni!»
Entriamo allora nel programma: tra le cose più interessanti mi sembra ci sia proprio il progetto con Alvin Curran, con la prima di questo lavoro A banda larga, che attraverserà le vie di Bologna. Come nasce questa idea?
«AngelicA ha una lunga storia con Alvin che inizia nel 2001... A me era venuta l’idea di fare una “processione”, una “manifestazione AngelicA”, qualcosa che portasse un’altra idea di manifestazione...
Poi l’ho sottoposta ad Alvin ed è diventata col suo fare istintivo una ”sinfonia di strada”. Alvin è specializzato nel coinvolgere, mi vien da dire, dal nulla, centinaia di persone in progetti che in partenza sembrano impossibili e poi diventano eventi indimenticabili. Nel 2012, nell’ambito del progetto di AngelicA per Centocage - Bologna rende omaggio a John Cage, intitolato Silenzio & Accordo, presentò, e compose, un evento che rimase nella memoria di tutti quelli che vi hanno partecipato: SMISTAMENTI GENERALI (TAKE THE CAGE TRAIN Bis – Boletus Edulis). Era un progetto a cura di Oderso Rubini e mia, e così, anche oggi, nel 2018, ci “ripetiamo”, con tutte le variazioni fondamentali (del caso), e proviamo a riprendere quel treno e a portarlo altrove…».
«È una ”sinfonia di strada”, “per banda, orchestra elettronica, musicisti ambulanti e gran-solista Antonello Salis”. Il progetto è realizzato con la collaborazione del Conservatorio “G.B. Martini” – INCROCI lab e CSR Centro Studi e Ricerche a cura di Maurizio Pisati e Walter Zanetti – e nell’ambito di Rock, Regeneration and Optimization of Cultural Heritage in Creative and Knowledge Cities. Si sviluppa in una “processione” (con Antonello Salis su un camioncino che suona il pianoforte) che attraverserà la città per chiudersi con una performance di circa 100 musicisti. Ricordando i 40 anni del Treno di John Cage (1978-2018) e i 10 anni del Treno (preparato) di Curran che omaggiava Cage (2008-2018). E anche per festeggiare gli 80 anni di Alvin!».
Mi incuriosisce anche la serata dedicata alla musica di Giorgio Nottoli…
«Nicola Sani, oltre a essere compositore, è stato fino a poco tempo fa direttore artistico e poi sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna. Ci siamo conosciuti e abbiamo lavorato insieme negli anni in cui lui era a Bologna. Nicola mi disse nel 2013 con il suo entusiasmo travolgente che AngelicA avrebbe dovuto ospitare un concerto di Mario Bertoncini e così facemmo nel 2014. Poi nel 2017 mi disse che AngelicA avrebbe dovuto ospitare un concerto di Giorgio Nottoli ed eccoci qui.... Per me sono state due sorprese molto gradite. Avevo visto un concerto di Mario a Berlino nei primi anni Novanta ma non si poteva dire che lo conoscessi come compositore, e di Giorgio non sapevo niente... Ecco il tesoro che si condivide di cui sopra».
C’è poi un interessante sguardo sul Sudest asiatico: cosa ci raccontano queste esperienze sonore?
«Le ruote girano: Fabrizio Gilardino, che ha base in Canada, nel 1991, primo anno di AngelicA, mi aiutò a trovare due cantanti esquimesi che cercavo e che volevo aprissero il festival, e così fu: arrivarono Mary Iqaluk e Nellie Echaluk dal Grande Nord del Quebec con i lori “giochi di gola”... Sono passati 27 anni ed ecco che Fabrizio mi scrive per segnalarmi questa nuova generazione di musici del Sudest asiatico che non hanno mai suonato in Europa e che bisogna far vedere, conoscere, ascoltare...».
Attesissimo anche il duo Mike Patton/Uri Caine, a Modena. Su che repertorio lavoreranno?
«Rispondo con le parole di Mike: "sento una sorta di atmosfera da piano bar andato storto… sarà musica pop e world insolita, sconosciuta ai più, oltre a improvvisazioni… il tutto intimamente arrangiato per voce e pianoforte". Sono 15 anni che AngelicA collabora con il Festival L’Altro Suono della Fondazione Teatro Comunale di Modena e questo anniversario avviene dopo 10 anni di un’altra commissione che AngelicA fece a Mike Patton: Mondo Cane, sempre coprodotto con L’Altro Suono».
Tornando circolarmente all’inizio della nostra chiacchierata e al tuo testo introduttivo, scrivi “tutto si confonde – questo forse aiuta a perdere convinzioni e convenzioni superate – e individuare comporta che ci lasciamo alle spalle qualcosa”. Cosa sei disposto a lasciarti alle spalle in futuro e in cambio di cosa?
«Il giudizio che a volte arriva un po’ gratuito su cose che in realtà possiedono molto di più, forse in cambio di un pochino più di ordine, anche dentro me stesso?».