Addio a Roberto De Simone

Un ricordo del compositore e intellettuale napoletano, morto a 91 anni

Roberto De Simone
Roberto De Simone e Odette Nicoletti - foto di Augusto De Luca CC BY-SA 2.0
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Quando muore, in tarda età, un maestro assoluto della musica, del teatro, della musicologia, dell’affabulazione totale nel racconto che sa farsi storia e antropologia, letteratura e racconto popolare, è normale che torni a ripetersi il seguente fenomeno: classi diverse di età di quel maestro tendono ad assolutizzare e a tenere come luminoso proprio punto di riferimento quanto è andato a incistarsi nel proprio segmento storico dominante, per la formazione. Che è poi l’essere giovani e con la mente disposta ad emozionarsi e a imparare.

Per la generazione dei “boomers” italiani il magnifico Roberto De Simone, protagonista di quasi settant’anni di storia culturale del nostro Paese il nominarlo significa, di botto, ritrovarsi nelle stupefacente fioritura immaginifica e musicale della Gatta Cenerentola, 1977. Un modello forse a tutt’oggi ineguagliato di tessitura polifonica sulla scena costruita con istanze popolari e raffinatissima cultura, umorismo e sberleffo salace, drammaticità dissimulata e festosa accoglienza di ogni spunto vitale, com’è nel carattere di chi è nato nella città all’ombra del Vesuvio.

 

Prima ancora di quel ‘77 della Gatta, (e De Simone aveva già passato la quarantina, in quel momento, non era un ragazzo), chi aveva appena qualche anno di più ricorda ancora la scoperta quasi frastornante, nel 1971, del primo disco della Nuova Compagnia di Canto Popolare che De Simone aveva fondato già da qualche anno, allo scorcio dei Sessanta: con Giovanni Mauriello, Eugenio Bennato e Carlo d’Angiò, primo nucleo di quel formidabile ensemble che poi accoglierà Patrizia Schettino, Peppe Barra, Patrizio Trampetti, Fausta Vetere. 

Si faccia caso: tutti protagonisti, poi, di prima grandezza di decenni di grande musica, di ricerca, di ancoraggio saldo alle radici popolari, al contempo preservando lo slancio in avanti per non rincorrere solo il fantasma filologico di una supposta “purezza” che non esiste. Era già tutto in nuce nel nome del gruppo: “Nuova Compagnia”, accostato a “di Canto Popolare”. Idee chiare che avrebbero fatto scuola, e che scuola: perché tutto il composito arcipelago del folk revival campano (e non solo) assai accogliente anche per istanze teatrali a loro, e a De Simone in primis, deve moltissimo. 

Roberto De Simone se n’è andato il 6 aprile 2025 dopo aver passato la boa dei novant’anni. Si potesse usare solo la chiave della semplicità assoluta dell’elenco, di lui si potrebbe dire che è stato una persona che molto ha studiato, molto ha suonato, molto ha ricercato, moltissimo ha restituito alla comunità dell’arte e a chi se ne nutre.

Era nato a Napoli nel ‘33, Roberto, in una famiglia musicale. Lui stesso talento musicale precocissimo, affascinato dalle note classiche e dall’opera, ma al contempo stregato, a Somma Vesuviana, dove la sua famiglia era sfollata per scampare ai bombardamenti, dalla rivelazione della vitalità sanguigna e quasi urticante della musica popolare campana ascoltata in presa diretta, senza mediazioni culturali.

Diventa pianista, clavicembalista, compositore, musicologo sempre con un’attenzione particolare alle forme espressive fibrillanti del “suo” popolo. Non disegnando mai, come tutti i grandi, di scrivere anche pregnante musica d’uso e funzionale, dunque colonne sonore per il teatro e per il cinema. Una su tutte: Quant'è bello lu murire acciso, 1976.

Quando termina l’avventura con la NCCP, De Simone torna spesso a frequentare il teatro musicale ancorato alla ricerca storica sulle fonti popolari: nascono cosi L’Opera buffa del Giovedì Santo, il Masaniello, il Mistero napolitano. E la storia del teatro la insegna anche, da professore, all’Accademia di Belle arti di Napoli.

Nel momento in cui il pendolo della sua creatività oscilla verso l’altrettanto amato mondo classico nascono il Requiem per la morte di Pasolini, nell’85, le musiche per l’Agamennone di Eschilo, le regie al contempo inventive e rigorose per le opere dell’amatissimo Mozart, dall’Idomeneo al Flauto magico, gli omaggi a Pergolesi, a Gesualdo.

Capita anche spesso che quando la sua mano non verghi pentagrammi  o diriga orchestre, sia posata sui fogli e sui tasti a scrivere testi preziosi: ricorderemo qui Canti e tradizioni popolari della Campania, Fiabe Campane, Il Presepe popolare napoletano, La Cantata dei pastori, e la magnifica riscrittura del Cunto de li cunti di Giambattista Basile uscita in due volumi per Einaudi nel 2002. L’ultima sua testimonianza discografica nel 2022, I Canti della dimenticanza, con Raffaello Converso, quasi a chiudere un cerchio di note riscoperte, mezzo secolo dopo.

Innumerevoli le onorificenze ufficiali ricevute in vita da De Simone: ma il miglior modo per ricordarlo è, con tutta semplicità, continuare ad ascoltarlo. Se ne esce comunque arricchiti. 

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