Zubin Mehta, Daniele Gatti e il sovrintendente-attore-chef
Soddisfazione al Festival del Maggio Musicale Fiorentino per il concerto straussiano-mahleriano diretto da Mehta e per Ariadne auf Naxos diretta da Gatti e con Pereira nel ruolo parlato del Maggiordomo
Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino siamo reduci da due belle realizzazioni. Partiamo dal concerto diretto sabato 11 da Zubin Mehta, con Così parlò Zarathustra e soprattutto la Prima di Mahler, un’esecuzione ottima, in cui noi frequentatori di lungo corso abbiamo ritrovato tutte le doti migliori del direttore onorario a vita (tale è oggi la sua carica a Firenze), apparso in piena forma dopo tante tribolazioni di salute: la grandiosa eloquenza tardoromantica che si snoda per grandi spessori ma sempre con lucidità, misura e senza gesticolazioni, sempre con una profonda carica comunicativa. Ottima prova dell’orchestra nelle file e nelle sortite delle prime parti e delle sezioni, e, fra tanti, è d’obbligo citare almeno il primo contrabbasso Riccardo Donati per il celebre incipit del terzo movimento in Mahler. Per l’occasione, era stata provvisoriamente riaperta la sala grande da duemila posti, poi richiusa per continuare i lavori in corso.
Tornando un po’ indietro, abbiamo al Teatro della Pergola dal 7 giugno un’Ariadne auf Naxos veramente molto pregevole sul piano musicale, a cui il nuovo direttore principale, Daniele Gatti, che la dirigeva per la prima volta (così come dirigeva per la prima volta l’Orfeo di Gluck, la versione francese, che ha aperto il festival), ha impresso uno spirito arioso e insieme trascinante, assecondando e insieme dominando con eleganza l’inebriante partitura di Richard Strauss. Essenziale per il successo è stato il cast, molto buono tutto ma dominato da due donne, la Primadonna-Arianna di splendido e convincente spessore e qualità lirica di Krassimira Stoyanova, e la deliziosa, vocalmente e scenicamente peritissima Zerbinetta di Sara Blanch, che ha sostituito con pochissimo preavviso Jessica Pratt, purtroppo incappata in un tampone positivo. A loro, dal fitto cast, affianchiamo almeno, per simpatia scenica e mezzi vocali, Michèle Lozier nel ruolo en travesti del giovane compositore, e Liviu Holender, Arlecchino. Qualche contestazione per la messinscena (regìa di Matthias Hartmann, scene di Volker Hintermeier, costumi di Adriana Braga Peretzki), che trasportava il tutto in un mondo di modernariato e di avanspettacolo, assai citazionista e rutilante, non ha minimamente compromesso il notevole successo dello spettacolo che è in replica alla Pergola fino al 18 giugno.
Nota di cronaca. Fra le battute sentite fra il pubblico uscendo dalla Pergola: “e chi se frega del branzino”. E questa va spiegata. Il sovrintendente del Teatro del Maggio, Alexander Pereira, va interpretando alla Pergola, come ha fatto nelle sue precedenti sovrintendenze, il prediletto ruolo parlato del Maggiordomo dell’Arianna. E proprio pochi giorni prima era stato sollevato, con un esposto alla magistratura competente, il caso di certe spese di Pereira, di natura soprattutto gastronomica a forte componente ittica, gravanti sul bilancio del teatro. Non ci pronunciamo in materia, ma a Pereira è stato facile rispondere che quando c’è un progetto, uno spettacolo in via di definizione, preferisce parlarne invitando a casa sua e cucinando lui, piuttosto che portare direttori, registi e chi altro al ristorante, mettendo comunque il tutto sul conto del Maggio. Insomma la faccenda ha finito per trasformarsi quasi in un’operazione-simpatia a suo favore: il pubblico non gli sta lesinando gli applausi come Maggiordomo dell’Arianna.
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