A Verona torna a cantare la Wally

Dopo un’assenza secolare l’opera di Alfredo Catalani torna al Teatro Filarmonico per la stagione invernale dell’Arena 

La Wally (Foto Ennevi)
La Wally (Foto Ennevi)
Recensione
classica
Verona, Teatro Filarmonico
La Wally 
16 Febbraio 2025 - 23 Febbraio 2025

Che gran donna questa Wally! Abbandona la ricca casa paterna a Sölden, nelle Alpi tirolesi, perché rifiuta la volontà del padre Stromminger di darla in sposa a Vincenzo Gellner. Ma lei ama Giuseppe Hagenbach, che invece la maltratta fino a umiliarla in pubblico. Si dà a Gellner e gli impone di uccidere il rivale Hagenbach, ma poi si pente e lo salva dal crepaccio nel quale viene spinto. E finalmente Hagenbach si rende conto di amarla e la raggiunge nel rifugio di lei in cima al Murzoll. Ma il destino si accanisce: lui viene travolto da una valanga e, perso l’uomo al quale concesse il primo bacio, lei si uccide gettandosi nel vuoto. 

 

Godette di un discreto successo alla prima al Teatro alla Scala nel 1892 la tragedia alpina di Alfredo Catalani, sfortunatissimo compositore, schiacciato fra l’ultimo Verdi e il primo Puccini e scomparso troppo presto per imporre la sua arte. Nonostante numerosi illustri estimatori – fra questi, Gustav Mahler che la diresse ad Amburgo già nel 1893 parlandone come della migliore opera italiana che avesse mai diretto, e Arturo Toscanini – La Wally scomparve abbastanza rapidamente dai repertori e sopravvisse solo la celebre aria “Ebben, ne andrò lontana” che compare di frequente nei recital lirici. A Verona, se curiosamente Loreley, l’altra opera di Catalani, di cui si tende a ricordare almeno il titolo, figurava nella stagione lirica dell’Arena del 1935 (anno XIII dell’era fascista), da oltre un secolo La Wally non si vedeva al Teatro Filarmonico, che la ripropone in questa stagione generosa di rarità operistiche dopo il Falstaff di Salieri inaugurale. Per l’allestimento si è recuperato quello di Piacenza e Modena del 2017 firmato dal regista Nicola Berloffa con le scene alpine ingegnosamente modulari di Fabio Cherstich e le suggestive luci atmosferiche di Valerio Tiberi. L’azione è spostata da inizio Ottocento a un secolo dopo, come rivelano soprattutto i costumi di Valeria Donata Bettella, per dare un tocco cinematografico come nei film montanari di Luis Trenker. Cinematografico è anche il taglio scelto per la narrazione scenica, che tuttavia non si distingue per una particolare cura attoriale e naturalmente non può contare troppo sugli effetti speciali (e così la rovinosa valanga dello spettacolare finale è risolta con un getto fumogeno evitando soluzioni che in teatro sfiorano inevitabilmente il ridicolo). 

Serve bene la sanguigna partitura di Catalani l’energica direzione di Antonio Pirolli, talvolta più sensibile alla densità sinfonica che all’equilibrio con il palcoscenico, dove le voci, soprattutto dei protagonisti, vengono sollecitate a prove di forza non comuni. Da questo punto di vista, l’Hagenbach di Carlo Ventre batte tutti nella gara dei decibel ma non è un bel cantare il suo, molto spinto e sempre forzato nell’emissione per tacere di una sostanziale indifferenza all’idea di interpretazione. Meglio, anche se piuttosto discontinua, è la Wally di Eunhee Maggio, che fraseggia con eleganza nelle parentesi liriche (e non manca l’appuntamento con la hit di “Ebben, ne andrò lontana”) ma mostra qualche limite nella potenza vocale richiesta specialmente nel duettone quasi wagneriano con Hagenbach nel sottofinale. ConvinconoYoungjun Park come Gellner, e Gabriele Sagona, uno Stromminger particolarmente elegante. Molto riuscita è la prova di Eleonora Belloccinel Walter “en travesti” fin dalla vivace canzone dell'Edelweis all’inizio dell’opera. Bene anche Marianna Mappa, che è un’Afra di apprezzabile qualità vocale ma con scarsa passione, e Romano Dal Zovo, che serve bene come Pedone di Schnals. Ottimo anche per la grande versatilità il Coro dell’Arena di Verona, impeccabilmente preparato da Roberto Gabbiani, come anche l’Orchestra, che brilla nelle pagine prettamente sinfoniche dell’Intermezzo del terzo atto e del Preludio al quarto. 

Molti vuoti in sala alla seconda delle quattro recite in programma. Caldi applausi per tutti. 

 

 

 

 

 

 

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