Vedova allegra con brivido
Al Comunale “Mario Del Monaco” di Treviso l’operetta di Lehár va in scena in forte ritardo dopo la defezione della protagonista e la sua sostituzione all’ultimo minuto
Incidente di percorso per la seconda recita della Vedova allegra di Franz Lehár in programma al Teatro Comunale “Mario Del Monaco” di Treviso. Pubblico assembrato all’ingresso fino a pochi minuti prima della recita domenicale in programma alle 16. Informazioni scarse. Si sa solo che c’è un problema con la protagonista. Il passaparola fra gli spettatori in attesa dice che si sta cercando una soluzione per salvare la recita. Finalmente l’annuncio ufficiale: la protagonista Anastasia Bartoli non è in condizione di cantare a causa di uno stato febbrile e si è trovata una sostituta che però è in viaggio da Milano. Lo spettacolo è quindi rinviato alle 18 o 18:15 al più tardi, dicono. Tutto pronto alle 18, gli orchestrali in buca scaldano gli strumenti, ma alla fine il sipario si leva poco prima delle 19. La recita è salva ma quache spettatore ha preferito abbandonare nell’attesa.
Per questa coda primaverile della sua stagione lirica, il teatro trevigiano recupera lo spettacolo coprodotto con Padova e andato in scena nel febbraio dello scorso anno a porte chiuse, con l’orchestra nella platea vuota e diffusione esclusivamente in streaming attraverso la piattaforma del Teatro Stabile del Veneto. Artefice unico della produzione è Paolo Giani Cei, che sceglie una chiave marcatamente tradizionale ma non priva di eleganza per uno dei titoli più celebri e amati del repertorio operettistico. Scenografia semplice ma di effetto con fondali floreali e un grande scalone illuminato nel mezzo e poco altro: nella festa in Casa Glavary del secondo atto un’enorme bottiglia con marchio del Consorzio di Tutela del Prosecco DOC in bella vista (siamo pur sempre nella capitale dello Zaiastan!), e nel terzo atto un’insegna luminosa di Chez Maxim’s a incorniciare lo scalone. Sontuosi gli abiti disegnati per la primadonna, con numerosi cambi, e per tutte le altre dame in scena, mentre per i signori uomini il frack è d’obbligo. Funziona la regia che si muove anche lungo i binari della tradizione, comprese le abbondanti gag e lazzi d’avanspettacolo che divertono sempre. Funzionano meno le coreografie, con movimenti piuttosto imprecisi e poco coordinati dei gruppi in scena, ma probabilmente hanno fatto difetto le prove per questa ripresa. Dice bene il regista nelle note del programma di sala, tra il ridicolo e il sublime non v’è che un passo: la leggerezza è tremendamente complessa.
Compagnia di canto che fa un po’ operazione nostalgia (come la scelta di una versione italiana molto datata), non tanto per la giovane e fresca Vedova “last minute” Elisa Balbo, che se la cava piuttosto bene senza dare troppo a vedere la sostituzione della titolare, e nemmeno per il navigato Alessandro Safina, che tratteggia un Danilo viveur e molto blasé. Come Njegus si ritrova un interprete di lungo corso come il tenore Max René Cosotti cui fa efficacemente da spalla Nicolò Ceriani come Barone Zeta. Un po’ appannato il trio dei pretendenti ai milioni della Glavary, cioè Askar Lashkin (Visconte Cascada), Stefano Consolini (Raoul De St Brioche) e Luca Gallo (Bogdanowitch). I migliori in campo erano senza dubbio Rosalia Cid, una Valencienne pepata ma con un velo di impalpabile malinconia, e Marco Ciaponi, un Camille de Rossillon appassionato ma con misura. Riprendendo una vecchia tradizione viennese, nella festa a Casa Glavary fa la sua apparizione una diva italiana, che a Treviso era Daniela Mazzuccato (applaudita con affetto), che si esibisce in una nostalgica “Frou Frou del tabarin” dall’operetta di Carlo Lombardo, parentesi che aggiunge carico all’operazione nostalgia di questo allestimento. Solida ma con poco abbandono la direzione di Francesco Rosa. Affidabili l’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta e il Coro Lirico Veneto, che non si sottrae alle danze affidate ai professionali ballerini del Padova Danza Project.
Come detto, pubblico un po’ assottigliato a causa del forte ritardo ma caloroso nel salutare tutti gli interpreti durante e alla fine dello spettacolo.
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