Una bacchetta su misura per l’Orchestra della Toscana
Erina Yashima torna sul podio dell’Ort con Brahms e Beethoven

L’Orchestra della Toscana ha veramente azzeccato nella scelta dei direttori, con il direttore principale Diego Ceretta ben affiancato da ospiti ricorrenti dotati di qualità e personalità sufficienti a farsi ricordare dal pubblico. Fra questi Erina Yashima, formatasi con Riccardo Muti e Bernard Haitink e attiva oramai da un decennio nel circuito internazionale, nel repertorio sinfonico e nell’opera. Nel concerto al Teatro Verdi di Firenze di cui riferiamo (altre esecuzioni nel circuito regionale Ort a Carrara e Empoli), il suo tratto fondamentale ci è sembrato ancora una volta la congiunzione di una vivezza trascinante del gesto direttoriale, come vediamo spesso nei giovani direttori, con un grande equilibrio e attento e maturo controllo del risultato musicale, in cui l’entusiasmo si tempera con la chiarezza di visione del risultato, di ciò che si vuole dall’orchestra e eventualmente dall’interazione col solista. Queste qualità sono apparse valorizzate nel programma proposto nel suo ritorno sul podio dell’Ort, a partire dal concerto per violino di Brahms il cui solista era l’ungherese Kristof Barati, una natura violinistica estroversa controllata e incanalata in un lirismo di bel respiro, ben assecondato dal podio, e in una grinta tecnica solida quanto ben controllata, poi confermata dal fuori programma bachiano.
Ma ciò che ci ha particolarmente colpito in questo concerto è stata l’esecuzione della Seconda beethoveniana. Certamente la Seconda è con l’Ottava e con parte della Quarta uno dei grandi momenti dell’umorismo beethoveniano, che si esercita attraversando e oltrepassando in una direzione nuova certi tratti e retaggi della lezione di Haydn. Rispetto alla rottura della Prima, la Seconda è costellata di invenzioni che provengono da questo versante, il tutto sottolineato e come incorniciato dall’amore dei bruschi contrasti tipicamente beethoveniano (pensiamo in particolare allo Scherzo) e contemperato da altre attitudini di grazia, talvolta di gentile cantabilità, altre volte con una sorta di ironia. Proprio questa varietà di idee e di caratteri è stata magnificamente messa in risalto da Erina Yashima e dall’orchestra che la seguiva con fedeltà, con una prontezza di articolazione dei contrasti in cui la vivacità di temperamento della direttrice si comunicava anche al pubblico attraverso la sua gestualità così vivace e spontanea, ma anche così ben calibrata, come si è visto in particolare nella perfetta centratura di andamenti del Finale, quell’Allegro molto che apparve ai primi ascoltatori “bizzarro, selvaggio e rumoroso”, e che a noi appare una riconversione dell’umorismo haydniano in qualcosa di più energico e esplosivo. Ottimo successo.
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