Alla presenza del Capo dello Stato e dopo l'inno nazionale di rigore, Zubin Mehta ha inaugurato il Maggio Musicale Fiorentino con un "Trovatore" trionfante... più o meno secondo tradizione. Anche nei tagli: l'acuto apocrifo della Pira c'è, ma non c'è il da capo di cabaletta che ne giustificherebbe a rigore l'esistenza, e non è la sola cosa che manca all'appello. Mehta stacca tempi fluidi e drammaticamente efficaci, eppure alla concertazione, pur bella, manca forse un'autentica febbre di scandaglio, un'articolazione più sottile ed emozionante, un'uscita dall'oggettività. Non che sia un "Trovatore" massiccio, o distratto, e spesso Mehta riesce a far emergere una sua idea di "Trovatore" come grande ballata romantica - ad esempio nel lamento di Azucena "Giorni poveri vivea" - per il resto affidandosi più che altro al bel gioco fisiologico della vocalità: sulla carta è uno dei migliori cast possibili oggi, ma le voci legano poco e così manca proprio quell'effetto di polifonia psicologica che è uno dei maggiori fascini del "Trovatore". Inappuntabile come sempre Carlo Guelfi, ma meno in luce del solito e sbiancato dal cruccio di eliminare dal Conte di Luna i consueti sentori di "vilain"; la vocalità potente ma fissa di Larissa Diadkova-Azucena sembra ritagliarsi uno spazio a sé; alla voce pur bellissima di Roberto Alagna fanno difetto gli eroici metalli di un Manrico (l'acuto della cabaletta non esce bello e scatta qualche contestazione); Fiorenza Cedolins è una Leonora intensa, in certi momenti, come nella mirabile cavatina "D'amor sull'ali rosee", vocalmente squisita, ma sbocciata sul serio ora o quasi, lo si sente da certe disomogeneità della tecnica e degli appoggi, e anche per lei c'è un manipolo di incontentabili che si fa sentire. Si fa onore il puntuale Ferrando di Giorgio Giuseppini. Sonoramente beccato, invece, Pier Luigi Pizzi, autore unico (scene, costumi, regia) di uno spettacolo ondeggiante fra estremi di realismo e stilizzazione. Splendidi costumi di dame, guerrieri e zingari arieggianti Velasquez e Murillo, lo spazio articolato in due zone, di cui una, sghemba, definita da un sontuoso arco scenico drappeggiato di rosso, un simbolo dell'essere "Trovatore" quel perfetto paradigma dell'opera-romantica-al-quadrato che è: la scena ha fascino. Ma è guastata da cadute di tono: il getto di fuoco che zampilla dal terreno, evocata dai ricordi di Ferrando e di Azucena, induce nello spettatore non la famosa "meraviglia" ma ipotesi su bombole e cannelli; il kit da tortura lestamente montato per Azucena nel terz'atto lascia perplessi al pari delle citazioni - finto-ingenue? - delle regie di un tempo, come i tremebondi balzi all'indietro degli armigeri superstiziosi ("Ammaliato egli era!"); il personaggio di Leonora è ben modulato in una chiave ardente, ma quello di Manrico è lasciato, al di là di una generica fierezza, ai suoi astratti diagrammi vocali. Ma gli applausi hanno finito per prevalere: al cast, in particolare alla Cedolins, a Mehta, all'orchestra e al coro del Maggio.
Note: nuovo all. con coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo
Interpreti: Guelfi/Dobber, Cedolins/Sanchez, Diadkova/Gorbunova, Alagna/O'Neill, Giuseppini, Brioli, Facini, Calamai, Trucco
Regia: Pier Luigi Pizzi
Scene: Pier Luigi Pizzi
Costumi: Pier Luigi Pizzi
Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore: Zubin Mehta
Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro Coro: José Luis Basso