Traiettorie minimaliste
La rassegna di Parma è ripartita con un concerto partecipativo nel segno di Terry Riley e Philip Glass
Dopo la pausa estiva, la rassegna di musica moderna e contemporanea Traiettorie di Parma ha ripreso il cammino della sua XXXI edizione proponendo una serata tutta dedicata al repertorio minimalista. Un appuntamento che ha proposto musiche di Terry Riley e Philip Glass e che ha visto uno dei suoi elementi più interessanti nell’originale composizione della compagine strumentale coinvolta, scaturita da una sorta di laboratorio sviluppato nell’arco di una tre giorni di prove e confronti.
Un progetto finalizzato principalmente alla restituzione di un’inedita rilettura di In C (1964) di Terry Riley – brano oramai iconico e composto, appunto, per un numero imprecisato di esecutori – che ha coinvolto una trentina strumentisti appartenenti a differenti estrazioni ed esperienze, reclutati tramite un’apposita “call for performers” lanciata dalla Fondazione Prometeo, realtà che rappresenta l’anima organizzativa della stessa rassegna Traiettorie.
Un’iniziativa che ha comportato l’inevitabile scommessa rappresentata dall’incognita relativa alla qualità interpretativa finale espressa da una compagine nata in maniera estemporanea, quindi variegata e composita, che ha comunque trovato un funzionale collante nel lavoro di un gruppo di musicisti composto - stando all’ultima versione di un programma variamente rivisto - da Giovanni Mancuso (synth e direzione), Mirco Ghirardini (clarinetto basso), Flavio Virzì (chitarra elettrica) e Gabriele Genta (percussioni), oltre a un duo di percussioni rappresentato da studenti ed ex allievi dell’Istituto “Peri-Merulo” di Reggio Emilia e Castelnuovo ne’ Monti (Matteo Rovatti, Marco Lazzaretti).
Sovente quando si parla di minimalismo, anche in territori adusi alla frequentazione dei linguaggi musicali novecenteschi e contemporanei come questa rassegna parmigiana, si percepisce una sorta di imbarazzo di fondo, che porta da un lato a prendere un poco le distanze da un filone delle avanguardie del secolo scorso che ha comunque raccolto un certo successo commerciale, mentre dall’altro lato si vira verso una contestualizzazione di maniera ricamata tra aneddoti e ordinaria sociologia culturale – il richiamo alle filosofie orientali, al mondo hippy, alla controcultura e così via – che fa perdere di vista il nocciolo di una questione prettamente stilistico-musicale: la musica minimalista – soprattutto quella espressa dal tradizionale poker di autori Glass, Riley, Reich e Young – non è affatto musica facile, né da eseguire né da ascoltare.
Un semplice assunto, questo, la cui valenza è emersa in maniera palese anche in occasione di questo concerto, a partire dal brano che ha aperto la serata: quel Music in Contrary Motion che, nel percorso del linguaggio glassiano, rappresenta se vogliamo la tappa iniziale di una ideale linea stilistico-linguistica che, tra fine anni Sessanta e prima metà del decennio successivo, passa per composizioni quali Music in Similar Motion e Music with Changing Parts, per confluire in quella sorta di sintesi rappresentata da Music in Twelve Parts. La matrice reiterativa, tutta giocata sul graduale discostamento di cellule armonico-ritmiche che intride Music in Contrary Motion è stata restituita in questa occasione dal quartetto strumentale composto da Genta, Ghirardini, Virzì e Mancuso, impegnati in una interpretazione vivace ma poco equilibrata dal punto di vista timbrico, con il clarinetto basso che rivestiva il ruolo di una sorta di fantasma sonoro.
Venendo a In C, cuore di questo “concerto partecipativo”, il lavoro collettivo ha restituito un’idea della pagina rileyana nutrita dall’entusiasmo di una compagine estrosamente composita, impegnata a rievocare lo spirito di un’opera che, se da un lato rappresenta una delle creazioni più connotate delle avanguardie musicali del secondo Novecento, dall’altro ripropone un materiale musicale dalla gestione libera e complessa assieme.
Un’interpretazione capace di offrire un amalgama timbrico fresco ed interessante, gestito con un impegno che non ha comunque saputo mitigare una certa approssimazione nelle risposte alle indicazioni dinamiche improvvisative veicolate dalla gestualità della conduction.
Al termine del concerto il meritorio impegno collettivo è stato ripagato dagli applausi del pubblico presente nella bella cornice dell’arena all’aperto del Teatro Due, riunito per questo primo appuntamento della ricca fase autunnale della rassegna di musica moderna e contemporanea Traiettorie.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln
Federico Maria Sardelli e il sopranista Bruno de Sá per un programma molto ben disegnato, fra Sturm und Drang, galanterie e delizie canore, con Mozart, da giovanissimo a autore maturo, come filo conduttore