Roma: Otello secondo Oren
All'Opera di Roma con Kunde protagonista
Sta diventando impossibile parlare della rappresentazione di un’opera senza iniziare dalla regia: in questo caso a fare notizia non sono però le consuete stravaganze più o meno geniali del regista di turno ma l’ormai rara assoluta normalità di ciò che si è visto. La scena unica di Bruno De Lavenére rappresenta il cortile di un palazzo rinascimentale, circondato da tre ordini di archi grigi. Sono in stile rinascimentale anche i costumi di Françoise Raybaud Pace, prevalentemente neri, con qualche raro tocco di colore. Le luci di Laurent Castaingt rafforzano la cupezza di quest’ambientazione. Bello l’effetto della tempesta iniziale, con le nuvole temporalesche e le onde del mare che sembrano penetrare nel palazzo. Il regista Allex Aguilera racconta proprio la tragica storia di un generale dell’armata veneta (ovviamente non può più essere moro) e della sua sposa, in modo tradizionale ma non routinier, curando la recitazione dei singoli e i movimenti delle masse e scavando nella psiche dei protagonisti quel tanto che basta. È quel che un tempo si definiva una bella regia, che non farà epoca ma sicuramente fa il suo dovere. Eppure due o tre spettatori hanno fischiato il regista e la sua equipe quando sono usciti alla ribalta per i ringraziamenti finali: ma è stato appena un attimo, perché sono stati sopraffatti dagli applausi, che sono stati unanimemente entusiastici per i protagonisti dell’esecuzione musicale.
Particolarmente calorosa, dal suo ingresso in sala ai saluti finali, è stata l’accoglienza riservata dal pubblico a Daniel Oren, che giovanissimo - erano i primi anni Ottanta - è stato direttore stabile dell’Opera di Roma ed evidentemente è ancora ricordato con affetto. Della giovinezza ha conservato l’empito scatenato dei momenti più accesi: memorabile l’attacco del primo atto, un cataclisma più che una tempesta, con dinamiche fortissime e tempi strettissimi dall’effetto irresistibile, nonostante non tutto sia perfettamente sotto controllo: ma una tempesta è una tempesta, non un minuetto. Da sempre Oren trasmette una travolgente carica d’energia all’orchestra, ma con la maturità ha raggiunto anche una delicatezza e una raffinatezza del suono rare e preziose, che esaltano i momenti più lirici, come l’estatico primo duetto tra Otello e Desdemona e il secondo, in cui però il lirismo è solo di Desdemona, mentre Otello è ormai in preda alla gelosia e finge: questa differenza dei loro stati d’animo è resa benissimo tanto dai cantanti che dal direttore.
Gregory Kunde ha settant’anni suonati ma resta un ottimo Otello. Non ha mai avuto una voce potente e stentorea – un grande cantante non si misura in decibel, checché ne pensino gli adoratori delle grandi voci del passato - ma la sua sicurezza resta assoluta anche negli acuti e con gli anni la sua interpretazione si è ulteriormente approfondita. Dopo un “Esultate” saldo ed eroico, che non si trasforma però in esibizione muscolare, il suo Otello rivela sempre più la sua debolezza, la sua fragilità, la sua vulnerabilità, la sua incapacità di difendersi dai suoi stessi dubbi e dalla maligna scaltrezza degli altri. Il tenore americano ottiene questo risultato con grande acutezza d’interprete, fraseggio molto duttile e una varietà di sfumature invidiabile, nonostante il timbro si sia un po’ impoverito.
Il baritono russo Igor Golovatenko - ancora giovane e già affermatosi come cantante verdiano nei principali teatri d’Europa e d’America, ma poco noto in Italia - con il suo bel timbro unito alla dizione perfetta e al sottile gioco di sfumature delinea uno Jago apparentemente amichevole, franco, schietto, perfino elegante: diventa allora plausibile che Otello gli creda, mentre ci si domanda come possa cadere nella rete del solito Jago, raffigurato come un melodrammatico essere diabolico, di cui anche il più ingenuo diffiderebbe. La Desdemona di Roberta Mantegna nella prima parte della serata probabilmente era un po’ frenata dalla tensione del debutto, ma nell’ultimo atto la Canzone del salice e l’Ave Maria erano perfette. Molto bene i comprimari, che in Otello sono più che mai importanti: erano Irene Savignano, Francesco Pittari, Alessio Verna, Piotr Buszewski e Alessio Cacciamani. In ottima forma gli altri due fondamentali protagonisti, l’orchestra e il coro preparato da Ciro Visco.
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