Rinascimento in musica
Firenze: le scoperte del Festival Floremus dell'Homme Armé
Cosa significa oggi Rinascimento per Firenze e per i fiorentini ? Riferiamo solo adesso del bel festival “Floremus” dell’Homme Arme’, perché solo adesso si avvia a conclusione uno dei progetti collaterali, ma tutt’altro che accessori, della manifestazione, il ciclo di incontri “Quant’è bella giovinezza: musica e storie del Rinascimento fiorentino”, svoltisi in alcune biblioteche fiorentine oltre che nello storico circolo “Il Progresso”. Questi incontri si sono tenuti e ancora si terranno in luoghi come la centralissima Biblioteca delle Oblate, proprio all’ombra del Cupolone, ma anche nelle biblioteche di quartieri semicentrali o periferici, e l’ultima, a novembre inoltrato, sarà la nuova biblioteca dell’Isolotto, quartiere al centro dei fermenti civili e spirituali della Firenze di La Pira e Don Mazzi. L’idea di “Quant’è bella giovinezza” era quella di provvedere a ciò che oggi sembra particolarmente necessario, un’informazione di base ma solida su un fenomeno, il Rinascimento inteso in senso lato (dal preumanesimo trecentesco alle soglie del Barocco, musicalmente dall’Ars Nova alla nascita dell’opera avvenuta qui nel 1600). Quel Rinascimento su cui la Firenze dei 9 milioni di turisti all’anno - quasi quindici se si considera l’area metropolitana - sempre più campa, tra alberghi, ristoranti, affittanze turistiche, negozi artigianali o supposti tali, e via enumerando, e su cui forse sempre meno sa. Specialmente sulla musica. Forse perché con un madrigale non ti puoi fare un selfie come davanti a Botticelli. Si tratta dunque di far ascoltare musica del Rinascimento, ma anche di mettere a fuoco la connessione intima fra il Rinascimento artistico e la sua musica, cioè che architettura, pittura, scultura, pensiero filosofico, vicende storiche e musica sono lo stesso Rinascimento. Ed era proprio su questo che erano imperniate le conferenze specialistiche pomeridiane e gli incontri-laboratori di cui si è detto.
Che non ci fosse a Firenze – prima che ci pensasse l’Homme Arme’ – un vero e proprio festival sul Rinascimento musicale era una mancanza grave. Perché Anversa e Utrecht sì, e Firenze, proprio Firenze, no ? E infatti a settembre il programma dei concerti principali a pagamento l’aveva aperto nella Biblioteca del Museo di San Marco il giovane e splendido Ensemble Sollazzo fondato a Basilea da Anna Danikevskaia (direzione e viella, gli altri erano Perrine Devilliers, soprano, Andrew Hallock, controtenore, Victor Sordo, tenore, Franziska Fleischanderl, salterio, Sofia Danilevskaia, viella, Roger Helou, organetto), e cioè lo stesso gruppo che aveva aperto il 16 agosto il festival di Anversa. Un ensemble sostenuto alla sua nascita dal programma europeo Eeemerging per gli “emergenti” e oramai protagonista delle rassegne più importanti. Con il loro concerto “Firenze circa 1350: musica al tempo dello sbocciare dell’umanesimo” (Ars Nova e repertorio laudistico) si sono dimostrati quello che sono, veri specialisti di una lettura sottile e nello stesso tempo profondamente comunicativa dell’arte musicale del Trecento e Quattrocento con i suoi caratteristici intrecci ritmici e contrappuntistici ma anche la sua speciale bellezza (lo ricordava sul GdM Paolo Scarnecchia recensendone un disco), luminosi e perfetti con la loro idea ricca di colori ma delicata e elegantissima di un sound fiorentino, dai caratteri ben distinti da quelli dell’Ars Nova francese, del tutto abili a cogliere questa delicata transizione spirituale, culturale ed estetica tra Medioevo e Rinascimento. Fra Firenze e l’Europa, reintessendo trame di rapporti e confronti, come nei concerti successivi: l’European Lute Quartet (Gian Luca Lastraioli, da sempre nell’Homme Arme’, Thierry Meunier, Jean-Marie Poirier, Sigrun Richter) con Dowland, Johnson, Vincenzo Galilei e anonimi italiani, Robert Ballard, maestro di liuto alla corte francese quando era regina Maria de’ Medici, e Nicolas Vallet. Ma poi, nel concerto a San Miniato al Monte, si tornava a Firenze con la rara e toccante Passione polifonica di Francesco Corteccia (1532) affidata alle voci maschili dell’Homme Arme’ dirette dal fondatore Fabio Lombardo, in un’esecuzione resa particolarmente comunicativa e intensa dall’alternanza solisti – coro ideata da Lombardo e dai passi evangelici in volgare italiano (nella volgarizzazione cinquecentesca di Santi Marmochino edita a Venezia nel 1538) affidati a Piero Bartolini. Perché anche in Italia c’era chi voleva conoscere le Scritture nella lingua d’uso, e si componevano Passioni due secoli prima di Bach. Questa proposta, con tutto che Corteccia era il musico di Cosimo I, colui che aveva definitivamente trasformato il potere dei Medici in un ducato riconosciuto, suonava come eco a distanza di un’altra Firenze, di un’altra Italia, quella attraversata a fine Quattrocento dalle tensioni religiose incarnate e inasprite dal Savonarola. Sì, perché “Rinascimento” è un concetto complesso, non solo l’ebbrezza della riscoperta dell’antico che rinasce in scultura potente e pittura ammaliante come in Botticelli e Michelangelo, la pienezza dell’espressione delle arti figurative, ma anche il parto di un tempo nuovo con tutte le sue tensioni. A conclusione di questi concerti principali c’era poi un gruppo veterano come i Douce Memoire di Denis Raisin Dadre, con la musica di corte di Francesco I Valois, e nel frattempo, nelle conferenze che accompagnavano la rassegna, si era parlato, tanto per fare un esempio, del ruolo di Caterina, la prima delle due regine di casa Medici in Francia, come committente e propagatrice della danza che nelle corti italiane aveva avuto i suoi primi maestri e codificatori, e che fra Italia e Francia trova durante il Rinascimento una sua dimensione teatrale e spettacolare (anche molti dei brani proposti dall’European Lute Quartet avevano illustrato questo aspetto). Ma ricordiamo anche la conversazione di Walter Testolin sull’enigma proposto dal celebre ritratto di musico di Leonardo. Questo sapersi muovere fra Firenze e Europa è nella natura di un festival arrivato alla sua terza edizione, sui tre fronti dei concerti grandi e di quelli degli allievi dei corsi paralleli al festival e di altri giovani esecutori e gruppi ospiti nei concerti “à boire” a ingresso libero in luoghi diversi (Caffè letterario delle Murate, Verone del Museo degli Innocenti, Altana delle Oblate), ciclo concluso dal consort delle viole della Scuola di Musica di Fiesole sotto la guida della maestra, Bettina Hoffmann. E intanto la Passione di Corteccia sarà riproposta in forma più semplice, con le sole voci soliste, al Cenacolo di Andrea del Sarto a San Salvi e in altre sedi dell’area metropolitana (Badia a Settimo, Borgo San Lorenzo, Fiesole), nella consueta rassegna autunnale dei Concerti al Cenacolo (dal 15 novembre), a fianco di programmi imperniati su Barbara Strozzi, Frescobaldi e Monteverdi, moltiplicandosi così la rassegna in chiese e edifici storici nell’ampia area metropolitana, già Provincia di Firenze.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.