Pechino mon amour
“Il ragazzo del risciò” di Guo Wenjing all'Opera di Firenze
Recensione
classica
Dopo il debutto al Teatro Regio di Torino, Milano, Parma e Genova è approdato all'Opera di Firenze con "Il ragazzo del risciò" il Centro Nazionale Cinese per le Arti Sceniche di Pechino, dove dal 2007 si produce opera “all'occidentale” - ma con molte novità e autori cinesi oltre al grande repertorio europeo - e opera cinese, balletto, prosa, recital, cameristica. E dunque: un'orchestra giovane e brava diretta da Zhang Guoyong, un ottimo coro che con “Oh Pechino, città antica” ha saputo emozionare i molti cinesi-fiorentini (qui siamo alla terza generazione) che affollavano il teatro, un cast ineccepibile (il secondo per la serata del 5 ottobre) dove spiccavano in particolare un'eroina negativa che poi così negativa non è, la Huniu di Zhou Xiaolin, e un ottimo villain, Tian Haojiang, una piacevole spolverata di balletto acrobatico, e lo spettacolo – regia e scene – di Yi Liming che ci ha restituito con molta grazia la poesia della scena dipinta. “Il ragazzo del risciò” è una creazione recente di Guo Wenijing su libretto di Xu Ying, ispirata ad una classico della letteratura cinese del Novecento, “Xiangzi il cammello”, del grande scrittore Lao She, che sarebbe poi morto suicida nel 1966 all'alba dell'oggi famigerata Rivoluzione Culturale. Per raccontare in musica questa storia amara, in cui, secondo la legge ferrea della letteratura naturalista, un modesto eroe soccombe al Fato e al crollo delle sue piccole ambizioni, il compositore ha scelto un linguaggio decisamente rétro, diremmo un po' fra Giovine Scuola e Janacek, ma lo ha saputo amministrare molto bene, con appropriati insaporimenti di ance e corde tradizionali cinesi e con una costruzione di buon respiro lirico e adeguati dosaggi di comico e di grottesco. Ottimo e meritato successo.
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