Pagliacci senza retorica

Il regista, il direttore e, almeno in parte, i cantanti ripuliscono Pagliacci da retorica ed effetti di bassa lega

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Ruggero Leoncavalllo
24 Luglio 2002
Gli ultimi Pagliacci visti a Roma avevano la fantasmagorica messa in scena di Zeffirelli, che aveva ricostruito sul palcoscenico dell'Opera un intero quartiere della Napoli moderna, brulicante di vita, quindi questa volta era naturale provare un po' di delusione quando, ad apertura di sipario, si è visto solo il teatrino dei saltimbanchi - quattro pali che reggono un misero sipario e un filo di lampadine con la roulotte in un angolo e qualche grigio edificio a far da quinta. Ma presto la delusione passa e ci si rende conto che una messa in scena così scarna evidenzia e rafforza la asciutta e essenziale valenza drammatica della musica. Nello spettacolo di Liliana Cavani, Dante Ferretti e Gabriella Pescucci si apprezza dunque il rispetto del pauperistico verismo di Leoncavallo (poco importa che la Calabria dell'Ottocento sia diventata una borgata romana del Novecento, rendendo un affettuoso ma non essenziale omaggio a Fellini) e l'eliminazione del bozzettismo e della retorica, che col verismo nulla hanno a che fare. Coglie nel segno anche la direzione di Pier Giorgio Morandi, che non insegue effetti di bassa lega e in cambio fa scoprire un'orchestrazione molto dettagliata, colorata e duttile, confermandoci nella convinzione che la partitura di Leoncavallo non è forse raffinatissima ma senza dubbio non è affatto sbrigativa e trascurata come appare nelle esecuzioni di routine. In piena sintonia con la direzione era Angeles Blancas Gulin, che ha voce un po' leggera per la romanza iniziale e per le ultime convulse battute ma che proprio grazie a questa leggerezza è una Nedda lirica e poetica, senza ombra di enfasi. Su questa linea è anche il Silvio di Massimiliano Gagliardo: il suo duetto con Nedda è da antologia ed è stato giustamente applaudito a scena aperta. Più di routine il resto del cast. Alberto Cupido è un Canio ancora molto efficace, perché, sebbene la voce dia qualche segno di stanchezza e l'acuto non sia più squillante, l'accento è quello giusto. Non la voce ma proprio l'accento e il fraseggio sono il limite di Alberto Mastromarino e ne soffre soprattutto il Prologo. Gli applausi non sono mancati, ma ancora una volta il teatro era semivuoto, perché evidentemente eventi isolati come il Don Giovanni a Piazza del Popolo servono a poco, se non sono accompagnati da un lavoro capillare e continuativo. NB Chi si recasse ad ascoltare questi Pagliacci, difficilmente troverebbe lo stesso cast, perché quasi ad ogni recita cambia qualcuno degli interpreti.

Interpreti: Vassileva/Gulin/Baldolini, Martinucci/Cupido/Cura, Nucci/Mastromarino, Lazzaretti/Sorrentino, Solari/Gagliardo

Regia: Liliana Cavani

Scene: Dante Ferretti

Costumi: Gabriella Pescucci e Flora Brancatella

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera

Direttore: Pier Giorgio Morandi

Coro: Coro del Teatro dell'Opera

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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