Notti ritmiche a Ravenna
Altre due serate del progetto “Le 100 percussioni” del Ravenna Festival
Dopo le prime tappe nelle quali sono state esplorate le declinazioni del mondo percussivo immaginate da artisti quali, tra gli altri, Stockhausen, Xenakis, Reich, Scelsi e Battistelli, il progetto “Le 100 percussioni”, realizzato in collaborazione con Accademia Musicale Chigiana e innestato nell’ampio cartellone del Ravenna Festival, ha continuato il suo percorso da un lato offrendo la visione raffinatamente virtuosistica espressa dall’arte di Glen Velez, e dall’altro confluendo nell’incontro polimorfo e corale ideato da Michele Tadini per la sua composizione, qui proposta in prima mondiale, Tamburi nella notte.
Nella cornice postindustriale delle Artificerie Almagià, struttura ricavata da un capannone industriale a tre navate dei primi Novecento che ospitava una volta una raffineria dello zolfo, ha preso forma l’alchimia musicale di Velez, musicista capace di attingere ad una varietà di tecniche, risorse tonali, pattern ritmici e possibilità espressive declinate nelle modalità più varie. Una padronanza tecnica ed espressiva che ha permesso a questo musicista di divenire un vero e proprio punto di riferimento nel campo dei tamburi a cornice nel panorama contemporaneo. Dalle collaborazioni con Steve Reich alle perlustrazioni di generi e stili i più diversi – dal jazz all’ambito popular, dal folk alla world music – Velez ha maturato una visione trasversale ed estremamente vitale dell’utilizzo di strumenti quali, tra gli altri, il tamburello, il pandero, il bodhrán, il bendir. Anche in questa occasione ha confermato una versatilità capace di offrire una varietà di tratteggi ritmici mai banale, in grado di immergere l’attento pubblico presente in un caleidoscopio timbrico raffinato e cangiante. Accompagnato in quasi tutti i brani proposti dalla bella vocalità ritmica di Loire Cotler, il percussionista originario di Dallas ha offerto sia vere e proprie reinterpretazioni di titoli classici quali “Bye Bye Blackbird”, sia sapidi brani originali come “Miriam's Prophecy”, composizione proposta ad avvio della serata. Un susseguirsi di scarti timbrici, plasmati con trascinante sapienza, intrecciati a intarsi poliritmici in continua mutazione che hanno saputo coinvolgere anche il pubblico, chiamato a rispondere alle sollecitazioni vocali più abbordabili offerte dalla Cotler, e che si è arricchito nella parte finale del concerto anche del contributo di Paolo Rossetti (tamburi a cornice, tamburelli e voce) e Francesco Savoretti (percussioni mediterranee), completando così una serata dal segno coinvolgente e salutata meritoriamente da applausi convinti.
Come si diceva all’inizio, la dimensione della festa corale ha poi caratterizzato l’appuntamento della serata successiva, titolato Tamburi nella notte. Un progetto che ha riunito sul palcoscenico del Pala De André una vasta orchestra impegnata nell’esecuzione della nuova composizione per sole percussioni commissionata dal Ravenna Festival a Michele Tadini. Ideata per cinque ensemble di percussioni guidate da Antonio Caggiano in qualità di direttore e solista, con le diverse sezioni coordinate da Domenico Candellori, Diego Occhiali, Marco Zanotti e Daniele Sabatani, Tamburi nella notte viene descritta dallo stesso autore come «un esercizio di fusione e di dialogo tra tradizioni e linguaggi lontani, che proprio il fascino “oscuro” della notte terrà insieme. Si va dallo straordinario patrimonio delle poliritmie africane al kodo giapponese. Siamo lontani dall’idea di purezza, le 100 percussioni sono un contributo alla conoscenza e una esaltazione della diversità». Caratteristiche, queste, che abbiamo ritrovato appieno nel percorso di ascolto offerto da questa serata, segnata innanzitutto dalla bellezza di vedere diverse generazioni – dai bambini agli esecutori più navigati – condividere un battito, un respiro comune, ora rincorrendo un crescendo di intensità tra grancasse e tamburi militari, ora assecondando filigrane più dilatate tra marimbe e gamelan. Una grande danza timbrica collettiva, una sorta di rito ancestrale celebrato tra le fughe ritmiche del palcoscenico e gli applausi finali della platea.
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