Nel parcheggio di Orfeo
Insolita apertura di stagione per l’Opéra Comique con “Fosse” nel parcheggio sotterraneo del Centre Pompidou
Davvero insolita l’apertura scelta dall’Opéra Comique per la stagione 2020. Insolita l’apertura con una prima assoluta. Insolito il luogo scelto: non fra gli stucchi e i velluti della Salle Favart, ma nel parcheggio sotterraneo del Centre Pompidou. Insolito anche il lavoro scelto Fosse che sfugge programmaticamente a qualsiasi definizione classica di genere. Questo lavoro nasce dall’incontro di tre personalità artistiche operanti in campi diversi – l’artista visivo Christian Boltanski, il light designer Jean Kalman e il compositore Franck Krawzcyk, di nuovo insieme dopo Pleine nuit montato nel 2016 nel cantiere della Salle Favart – con l’intento di creare un genere nuovo, nel quale le tre discipline abbiano pari dignità.
Senza un inizio e senza una fine e soprattutto senza un “punto di vista” predefinito, la performance è pensata come un flusso continuo di suoni e immagini nei quali lo spettatore è invitato a immergersi e abbandonarsi al flusso di suoni e a decidere il proprio percorso. Lo spazio di nudo cemento della grande aula fredda è delimitato da tele bianche. Alcune automobili coperte da teli e abitate da persone con il volto coperto popolano quello spazio come l’articolato complesso di musicisti – il soprano Karen Vourc’h, il violoncello solista di Sonia Wieder-Atherton accompagnato da dodici altri violoncelli, il coro accentus preparato da Christophe Grapperon, più sei pianoforti, percussioni e chitarre elettriche – isolati in postazioni che coprono tutta l’ampia superficie.
Fosse è una creazione dal forte segno concettuale già dal titolo, che richiama la fossa dell’orchestra, luogo destinato alla celebrazione del rito musicale e specialmente operistico, ma anche il luogo destinato ad accogliere il corpo nel rito della sepoltura, e dunque accesso verso il regno dei morti. Fosse vuole anche evocare la discesa agli inferi del cantore Orfeo, che con la forza della sua musica prova a riportare in vita la defunta Euridice. Lo spaesamento dello spettatore in quel percorso senza direzione ma ricco di visioni vuole riprodurre il passo incerto di Orfeo fra le tenebre degli inferi e il suo disorientamento indotto dallo struggente canto di Euridice alle sue spalle.
Forse per lo spazio scelto, decisamente dispersivo, per l’enorme folla accorsa all’evento ma soprattutto per la concomitanza con la grande retrospettiva dedicata dal Centre Pompidou a Christian Boltanski, vera occasione per questa performance, a imporsi è proprio la dimensione di installazione artistica con l’apporto decisivo delle suggestive luci taglienti come lame disegnate da Jean Kalman, che trasmette efficacemente il senso della fine o di un “oltre” come tutta l’opera di Boltanski fortemente marcata dall’esperienza mortifera dell’Olocausto. L’accompagnamento musicale concepito da Franck Krawzcyk per quel composito ensemble, tuttavia, così come i vocalizzi assemblati per il coro e il soprano “deambulante” si disperdono nello spazio come le troppe tracce stimolanti ma nel complesso irrisolte di questa creazione. E Orfeo ritrova il suo percorso verso la luce probabilmente senza nemmeno aver provato a riportare in vita la sua amata Euridice.
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