L'uomo contemporaneo
Un atto unico di Vittorio Montalti tratto da Perec, a Reggio Emilia per Aperto
Recensione
classica
Quando chiedere l'aumento? In che modo? Il capo sarà in ufficio? Mi riceverà? Sarà di buon umore? Da questi interrogativi parte idealmente la struttura drammaturgica dell'opera da camera per un performer, due voci, ensemble ed elettronica titolata L'arte e la maniera di affrontare il proprio capo per chiedergli un aumento di Vittorio Montalti, andata in scena venerdì scorso al teatro Cavallerizza di Reggio Emilia nell’ambito del cartellone 2016 del Festival Aperto.
Una pièce ispirata al lavoro Georges Perec, presentata nella città emiliana in un nuovo allestimento della Fondazione I Teatri/Festival Aperto in prima assoluta nella forma definitiva, dopo una prima versione di studio commissionata dalla Biennale di Venezia 2013. Il filo narrativo sul quale è stato impiantato questo lavoro è semplicissimo: un impiegato che chiede un aumento al proprio capo, una situazione comunissima da cui scaturiscono mille interrogativi che tormentano il protagonista, immerso in uno spazio astratto, freddo e ostile, introdotto all’inizio da una sorta di ouverture visiva in cui la proiezione frammentata di immagini di scorci di palazzi restituivano la sensazione tipica di impersonali quartieri popolati da uffici e centri direzionali.
Un’atmosfera straniante, assecondata dalla tessitura musicale ideata da Montalti attraverso una materia sonora che miscelava inserti armonico-timbrici ora compatti ora frammentati con interventi di live electronics che amplificavano i balbettii racchiusi nel libretto Giuliano Compagno. A dar voce con buon impegno ai due personaggi del Capo X e Madamoiselle Y sono stati Nicholas Isherwood e Ljuba Bergamelli, mentre Yoichi Sugiyama ha guidato un Icarus Ensemble sempre reattivo e ben amalgamato. Efficaci le scene curate – come la regia e le luci – da Claudia Sorace, dove su uno fondo scuro e grigio, si stagliavano lame di luce che divenivano ora pareti, ora corridoi, ora ascensori. In questo spazio si muoveva il protagonista, l’impiegato che Jo Bullit ha interpretato in maniera coinvolta, restituendo i mille dubbi, insicurezze, sensazioni di impotenza attraverso un personaggio che poteva rievocare a tratti uno strano miscuglio tra Fantozzi e il Gollum del [i]Signore degli Anelli[/i] nella versione cinematografica di Peter Jackson. Alla fine il pubblico presente ha salutato con applausi convinti questo atto unico, capace di condensare in poco meno di un’ora una situazione banale e scontata, facendola diventare metafora plastica e straniante dei malesseri che possono condizionare la vita dell’uomo contemporaneo.
Una pièce ispirata al lavoro Georges Perec, presentata nella città emiliana in un nuovo allestimento della Fondazione I Teatri/Festival Aperto in prima assoluta nella forma definitiva, dopo una prima versione di studio commissionata dalla Biennale di Venezia 2013. Il filo narrativo sul quale è stato impiantato questo lavoro è semplicissimo: un impiegato che chiede un aumento al proprio capo, una situazione comunissima da cui scaturiscono mille interrogativi che tormentano il protagonista, immerso in uno spazio astratto, freddo e ostile, introdotto all’inizio da una sorta di ouverture visiva in cui la proiezione frammentata di immagini di scorci di palazzi restituivano la sensazione tipica di impersonali quartieri popolati da uffici e centri direzionali.
Un’atmosfera straniante, assecondata dalla tessitura musicale ideata da Montalti attraverso una materia sonora che miscelava inserti armonico-timbrici ora compatti ora frammentati con interventi di live electronics che amplificavano i balbettii racchiusi nel libretto Giuliano Compagno. A dar voce con buon impegno ai due personaggi del Capo X e Madamoiselle Y sono stati Nicholas Isherwood e Ljuba Bergamelli, mentre Yoichi Sugiyama ha guidato un Icarus Ensemble sempre reattivo e ben amalgamato. Efficaci le scene curate – come la regia e le luci – da Claudia Sorace, dove su uno fondo scuro e grigio, si stagliavano lame di luce che divenivano ora pareti, ora corridoi, ora ascensori. In questo spazio si muoveva il protagonista, l’impiegato che Jo Bullit ha interpretato in maniera coinvolta, restituendo i mille dubbi, insicurezze, sensazioni di impotenza attraverso un personaggio che poteva rievocare a tratti uno strano miscuglio tra Fantozzi e il Gollum del [i]Signore degli Anelli[/i] nella versione cinematografica di Peter Jackson. Alla fine il pubblico presente ha salutato con applausi convinti questo atto unico, capace di condensare in poco meno di un’ora una situazione banale e scontata, facendola diventare metafora plastica e straniante dei malesseri che possono condizionare la vita dell’uomo contemporaneo.
Interpreti: Icarus Ensemble - Jo Bulitt, Ljuba Bergamelli, Nicholas Isherwood
Regia: Claudia Sorace / Muta Imago
Scene: Claudia Sorace / Muta Imago
Costumi: Jonne Sikkema
Luci: Claudia Sorace / Muta Imago
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Al Teatro Sociale di Rovigo va in scena La voix humaine e a Padova l’OPV propone L’histoire de Babar
classica
A Piacenza la stagione d’opera si apre con successo con una Madama Butterfly dall’efficace segno musicale
classica
A Santa Cecilia, all’Opera e al Teatro Olimpico tre diverse edizioni del balletto di Čajkovskij