Lontano da qui, per esorcizzare il terremoto
L’intensa opera di Filippo Perocco convince il pubblico del Festival Aperto
Dopo il debutto al Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto di inizio settembre, Lontano da qui, il nuovo lavoro di teatro musicale di Filippo Perocco (musica) e Riccardo Fazi (libretto), è approdato al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia, nell’ambito della decima edizione del Festival Aperto. Passaggi è il tema del festival emiliano e il passaggio tra il “prima” e il “dopo” un dramma può essere letto come la chiave di accesso per entrare nella casa stilizzata al centro della scena, assieme sfondo e protagonista del racconto visivo di quest’opera, generato dalla raffinata combinazione tra regia, scene e luci di Claudia Sorace (Muta Imago), drammaturgia dello stesso Fazi e video di Maria Elena Fusacchia.
Le iniziali riprese dall’alto, proiettate sul telo che occupa il palcoscenico, raccontano di una Valnerina distesa placida tra i Monti Sibillini nelle Marche e la zona montuosa nell'Umbria sud-orientale (tra i territori colpiti dal terremoto del 2016), mentre dalla buca la compagine formata dall’Ensemble Strumentale del Teatro Lirico Sperimentale e dall’Ensemble L’arsenale inizia a diffondere una musica che cresce piano, attraversata da una costante e acuta presenza timbrica. Un ideale filo rosso, questo, un presagio che accompagna la normalità che viene evocata anche dalle frasi di vita quotidiana che emergono qua e là dai tetti di un paesino arroccato, fino ad arrivare di fronte alla casa dove madre e figlia attraversano la consuetudine di un tempo famigliare, momenti di una vita fatta di accudimento abitudinario, di televisione in sottofondo, di parole crociate per la madre e di messaggi su WhatsApp per la figlia.
All’improvviso il terremoto distrugge la casa e la quotidianità, lasciando spazio alle macerie attraversate dalle voci dei soccorritori, cambiando di segno al senso di una vita che la figlia cerca di ricostruire in un percorso a ritroso, nei gesti e nei momenti vissuti prima del dramma. Una sorta di nastro beckettiano ascoltato al contrario, un viaggio all’interno dell’animo di chi ha vissuto sulla propria pelle un dramma indicibile, che non si può cancellare ma solo, forse, abbandonare allontanandosene: pare così delinearsi la strada imboccata dalla figlia, che lascia la casa (e la madre dentro di essa), e inizia un suo nuovo percorso.
La narrazione musicale ideata da Perocco appare assieme densa e asciutta, pregnante nelle combinazioni timbriche che valorizzano gli interventi vocali delle brave protagoniste sulla scena – Daniela Nineva (Madre) e Livia Rado (Figlia) – oltre al ruolo di Natura interpretato con precisione in buca da Emanuela Sgarlata. Una scrittura, quella del compositore trevigiano, che si rivela efficace anche nei giochi stilistici che miscelano tracciati madrigalistici e affilate dissonanze, rimandi popolari e tratteggio atonale, in un equilibrio misurato disegnato dalla precisa e coinvolgente lettura di Marco Angius, capace di guidare la materia musicale in una dimensione espressiva coerente con il senso drammatico dell’opera, accompagnando il pubblico lontano dal “qui” di un dramma che viene esorcizzato, divenendo ricordo gravido di vita e sventura e, se vogliamo, fonte di nuovi inizi.
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