L'istrione del Lied
A Modena una tappa della tournée italiana di Bostridge
Recensione
classica
Il teatro dedicato al più popolare tenore d'opera, Luciano Pavarotti, ospita per una sera il più straordinario tenore di Lied del momento, Ian Bostridge. Accorre pubblico da fuori, ma gli abbonati modenesi disertano la sala, che resta mezza vuota. La straordinarietà è nell'interprete complessivo, non nel vocalista: la tecnica di Bostridge è tutt'altro che ortodossa, presentandoci una voce timbricamente disomogenea alle varie altezze, precaria nei gravi gutturali quanto negli acuti falsettati, lontanissima dal belcanto italiano; ma di tali caratteristiche (difficilmente imputabili a lui come difetti) fa la sua forza espressiva, applicandole a un testo di cui assapora ogni singolo fonema, inglobato pienamente nel suono vocale. Per paradosso, con lui (come con Cecilia Bartoli) la comprensione delle parole è di secondaria importanza, perché la parola diviene più che mai suono bastante a sé stesso: la melodia non è nelle note di Schubert, ma nella successione sonora delle sillabe intonate. Bostridge è dunque una voce da disco: il microfono capta ogni sfumatura della sua variegata emissione vocale; nondimeno una sala all'italiana di media grandezza costituisce un ambiente ottimale per quella voce in miniatura. Valore aggiunto del concerto dal vivo è l'aspetto visivo. Bostridge è a suo modo un istrione: irrequieto sul palcoscenico, con quel suo corpo affusolato di eterno "puer cantor" che sembra prelevato da un college del "Maurice" di Edward Morgan Forster, duetta col mobile del pianoforte e recita di mani e piedi, con fare da adolescente scanzonato. Un Glenn Gould della voce, che si contrappone a tanta compostezza del fido accompagnatore Julius Drake. Molto Schubert senza hits, poi lo Schumann della "Dichterliebe" e una generosa sequenza di bis francesi. Emozioni intense.
Interpreti: Ian Bostridge, tenore Julius Drake, pianoforte
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A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln