L’inaugurazione del Festival di Ambronay

Concerti all'Abbazia

Recensione
classica
Ambronay è un piccolo comune di circa 2500 abitanti che si trova nel Dipartimento dell’Ain, nella regione Alvernia-Rodano-Alpi, ed è conosciuto per la sua Abbazia che ha origini antiche. Fu fondata nel IX secolo da un cavaliere di Carlo Magno, Barnard, secondo la regola benedettina, e crebbe fino a raggiungere il suo apogeo nel XIII secolo, e dopo un periodo di decadenza culminato nell’incendio del 1632 che distrusse parte dei suoi edifici tornò ad essere un centro di spiritualità e cultura grazie ai monaci maurini che la abitarono fino alla Rivoluzione Francese. Utilizzata poi come luogo di detenzione dei contro-rivoluzionari, e più tardi come scuola, ospizio e sede di abitazioni private, nel corso del Novecento una lenta ma costante inversione di tendenza l’ha progressivamente restituita alla comunità del suo territorio sottraendola all’uso privato. A più riprese lunghi lavori di restauro hanno ridato dignità ai suoi edifici sfregiati e alterati dalle differenti utilizzazioni e l’Abbazia ha ritrovato il suo splendore di Monumento Storico divenendo un importante centro di cultura musicale. Tutto è iniziato da tre serate musicali promosse nel settembre del 1980 dalla Association Art et Musique d’Ambronay presieduta da Alain Brunet, poi nel corso degli anni passate a quattro, cinque, e sei, fino a divenire dal 1989 un vero e proprio Festival. In una fase di piena riscoperta della musica antica l’attenzione nei confronti della pedagogia e della formazione ha spinto Brunet nel 1993 a cercare la complicità di Jordi Savall, William Christie ed altri per la creazione della Académie baroque européenne Academie che ha consentito e consente a giovani musicisti di talento di lavorare sotto la guida di maestri di eccellenza all’allestimento di opere o concerti da portare poi in tournée anche in altri paesi. Il passo successivo è avvenuto nel 2000 con la creazione del Réseau Européen de Musique Ancienne (REMA), che ha favorito la collaborazione e gli scambi tra operatori e istituzioni di questo importante settore culturale, ponendo definitivamente Ambronay al centro della diffusione della prassi storicamente informata della musica antica.

Anche senza conoscere la storia del Centre Culturel de Rencontre (Ambronay), basta arrivare nella Abbazia di Ambronay per percepire il clima sereno e accogliente che circonda tutte le sue lungimiranti attività che ruotano attorno alla musica. Fra queste il Festival arrivato alla 38° edizione che è il momento culminante al quale partecipano gruppi già affermati e giovani gruppi emergenti. Una parte degli ensemble storici può contare su una partecipazione triennale, che consente e garantisce la messa in opera di programmi nuovi e impegnativi, contando sul fatto che dal 2005 il CCR di Ambronay è divenuto anche editore di una collana discografica che pubblica le creazioni più interessanti e significative. Ma una costante attenzione verso i giovani ensemble si concentra anche nel piccolo ma importante festival nel Festival che da quattro anni si svolge nel quarto e ultimo fine settimana della manifestazione, dedicato ai gruppi sostenuti dal programma europeo Eeemerging (Eeemerging) , a cui Ambronay offre in alcuni casi anche la possibilità di registrare il primo disco della propria carriera.

Di questo vero e proprio vivaio artistico colpisce la capacità manageriale che negli anni ha saputo costruire una rete di rapporti istituzionali, sia nel settore pubblico che in quello privato, senza perdere il contatto con un'altra preziosa rete, quella dei volontari che assistono e coadiuvano lo staff professionale, e dal cui insieme emana la calorosa e cordiale atmosfera che rende speciale l’ascolto e la fruizione dell’arte musicale in questa grande fabbrica sonora. L’esempio più evidente è stato quello del concerto monteverdiano inaugurale svolto dall’ensemble Cappella Mediterranea e dal Choeur de Chambre de Namur diretti da Leonardo Garcia Alarcón, con un eccellente cast di voci soliste principali, composto da Valerio Contaldo, Mariana Flores, Giuseppina Bridelli, Anna Reinhold, Konstantin Wolff e Salvo Vitale. “Leo” come viene affettuosamente chiamato da quasi tutti gli ambroniensi, è cresciuto artisticamente e discograficamente anche grazie a questo Centro, e ha generosamente regalato al pubblico del Festival una appassionante versione dell’Orfeo molto ricca sul piano vocale e strumentale, con un organico composto da un coro di sedici elementi, più le voci soliste, e da una orchestra di ventuno strumentisti. Pur avendo già rappresentato molte volte nel corso di quest’anno la celebre favola in musica, il suo passaggio ad Ambronay è stato vissuto come un ritorno in famiglia esaltato da una festa barocca. Inevitabile il confronto con il concerto della sera seguente svolto da Philippe Jaroussky e Christina Pluhar e il suo ensemble L’Arpeggiata, iniziato con la Toccata seguita da due arie dall’Orfeo monteverdiano. Anche in questo caso si tratta di due artisti che sono stati più volte presenti nei programmi di Ambronay fin dall’inizio della loro carriera – Jarroussky ha cantato qui per la prima volta nel 1999 – ma la formula di routine del pot-pourri di arie barocche di diversi autori prevalentemente costruite su bassi ostinati non ha regalato emozioni se non nella parte conclusiva del concerto, soprattutto nelle due musiche di Sances, e le richieste di bis hanno portato inevitabilmente alla oramai consunta gag della Ciaccona del Paradiso e dell’Inferno, acclamatissima dal pubblico, che ha subitamente volto in riso il pathos suscitato dal precedente Lamento di Didone di Purcell. Ma la sorpresa della seconda serata è inaspettatamente arrivata al suo margine, con un giovane strumentista e cantante di origine argentina, Jonatan Alvarado, che nel bar del complesso abbaziale ha intonato romances iberici e canti tradizionali latino-americani accompagnandosi con la vihuela, rivelando un notevole talento e incantando il pubblico con la sua raffinata ed elegante presenza. Non a caso fa parte dell’ensemble Seconda Prat!ca, fondato nel 2012 da studenti dei Conservatori de L’Aja e di Amsterdam, che è stato sostenuto per tre anni dal programma Eeemerging, come l’ensemble Prisma – ancora nel pieno del secondo anno – che ha presentato un interessante concerto pomeridiano nella Sala Monteverdi dedicato alla musica strumentale italiana della prima metà del Seicento.

L’ultimo concerto del primo fine settimana del Festival intitolato “Splendori del Rinascimento” ha inondato la Chiesa abbaziale dei timbri possenti dell’alta cappella grazie all’ensemble Doulce Mémoire, diretto da Denis Raisin Dadre, affiancato per il canto piano dai cantori della Abbazia di Saint-Riquier, con una bella esecuzione della Missa pro victoria di Tomas Luis de Victoria che è basata sulla celebre chanson La Bataille di Janequin. Preceduta da una conferenza del giovane musicologo Clément Stagnol, che ne ha illustrato i principali tratti mettendo in evidenza i passaggi della chanson confluiti nella tessitura della messa parodia del compositore spagnolo lungamente attivo a Roma, la messa a nove voci è stata interpretata secondo la pratica desunta da fonti storiche che illustrano il raddoppio delle parti vocali, durante le celebrazioni liturgiche più importanti, da parte degli strumenti a fiato suonati dai cosiddetti ministriles de boca, con un diapason spinto a 520 Hertz. Particolarmente intensi il Sanctus e l’Agnus Dei della Missa pro victoria che si può ascoltare e vedere sul sito Culturebox . Il Festival prosegue per altri tre fine settimana fino a domenica 8 ottobre 2017.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

classica

A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista 

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento