Le voci diverse del violoncello di Michele Marco Rossi
All’Alte Feuerwache di Colonia il concerto del violoncellista con una novità di Bernhard Gander
Ogni performance di Michele Marco Rossi è come un viaggio, che coinvolge molto più che la semplice dimensione dell’ascolto per diventare quasi fisica. Nel suo ultimo e prezioso concerto, per pochi, nella sala dell’Alte Feuerwache di Colonia, il violoncellista romano ha proposto una breve antologia di pezzi “del cuore” di compositori contemporanei frequentati e molto ricercati nel suo personalissimo percorso artistico.
Il concerto si è aperto da Lied, pezzo del 2020 di Francesco Filidei, pucciniano confesso e manifesto nel suo amore per il canto dichiarato fin dal titolo. Se è vero che il violoncello è lo strumento musicale più vicino alla voce umana, Filidei ne sottolinea la capacità di cantare attraverso linee morbide e sonorità calde che mimano un fraseggio quasi umano. È quasi un’esaltazione del gesto dello strumentista spinto all’estremo delle possibilità offerte dallo strumento il pezzo successivo, Obstinate di Georges Aperghis del 2017. Originariamente concepito per contrabbasso, nella trasposizione per violoncello curata dallo stesso compositore per il violoncello di Rossi per un recente concerto a Parigi presso l’Istituto Italiano di Cultura, il pezzo mantiene il carattere di un confronto quasi fisico fra interprete e strumento, quasi come il gesto di uno scultore con la materia nella quale plasma la sua creazione. Ha molto di fisico anche l’ispirazione di Enno Poppe per il suo pezzo Herz del 2002. Il cuore è quello nascosto dietro alla sequenza di quattro note riprese e trasformate della canzone “Ich hab’ mein Herz in Heidelberg verloren” (Ho perso il mio cuore a Heidelberg), che, come ha spiegato lo stesso compositore, costituiscono il frammento dal quale il pezzo si sviluppa. Ma il cuore si ascolta soprattutto nel crescente parossismo “cardiaco” della nervatura ritmica del pezzo interotto solo dalla calma di una breve parentesi centrale. Preziosi e delicati come miniature orientali sono invece i due Esili canti d’attesa, composizione del 2017 di Filippo Perocco, che intreccia abilmente componente vocale e ritmica del violoncello (preparato) trasformandolo in una affascinante scatola sonora.
La serata si è conclusa con un pezzo in prima assoluta di Bernhard Gander, presente in sala, commissionato dall’Istituto Italiano di Cultura di Colonia, co-organizzatore della serata con ON - Neue Musik Köln, network indipendente molto attivo nel campo della musica contemporanea nella città renana. Fin dal titolo, RIFF23, il compositore denuncia una fonte di ispirazione che va al di là del recinto del classico e trae ispirazione dai generi più disparati come l’hard rock, il metal, il blues e, più in generale, da tutto ciò che può essere classificato come musica. Il “riff” in questione è una cellula ritmica ripetuta lungo tutto il pezzo, che conferisce alla composizione una vitalità rabbiosa, più vicina alle sonorità rock che agli anemici intellettualismi di una certa produzione contemporanea.
Commentando il pezzo di Gander, Michele Marco Rossi ha paragonato le sfide tecniche richieste all’interprete alla scalata di un’alta scogliera (“reef” che suona come “riff” in inglese). Allenato come un atleta olimpico nella variegata palestra della creatività contemporanea, Rossi ha superato gli scogli di Gander e degli altri senza grosso sforzo confermando il suo profilo di interprete di eccellenza, capace anche di appassionare anche un pubblico di non iniziati alla contemporanea, come hanno dimostrato i generosi applausi del pubblico presente.
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