La vita musicale del contrappunto nel festival Laus Polyphoniae di Anversa
Il ricco programma dell'edizione 2022
Il festival Laus Polyphoniae di Anversa vive di contrappunto perché la polifonia vocale è sempre al centro dei suoi programmi, in sintonia con la storia del territorio di cui fa parte, le Fiandre, da cui si è irradiata la lingua franca della musica europea fra Quattro e Cinquecento. Ma questa edizione dedicata al motore della musica medievale e rinascimentale ha un valore particolare, perché il programma concepito per il 2020 si è potuto realizzare soltanto ora e il ritorno alla normalità delle sale da concerto piene è stato vissuto come una liberazione. E non soltanto i suoi concerti hanno praticamente quasi sempre sfiorato se non raggiunto il tutto esaurito, ma anche i palcoscenici dei luoghi in cui si sono svolti sono stati spesso affollati di musicisti, come è il caso di quello inaugurale del 19 agosto tenuto dalle otto voci dell’ensemble Contrapunctus alle quali si sono aggiunte le trentaquattro giovani voci del Choir of The Queen’s College Oxford per intonare la Missa Gloria tibi Trinitas di John Taverner risuonata nella Chiesa di San Paolo e trasmessa in diretta da Radio Klara, il canale culturale e musicale del Belgio fiammingo.
Dopo il tour de force dell’IYAP un altro concerto ha visto un notevole dispiegamento di forze pienamente giustificato dal programma concepito come un simbolico confronto tra musicisti francesi e inglesi per evocare lo storico incontro del giugno 1520 tra Francesco I ed Enrico VIII, avvenuto nello spettacolare accampamento noto come il Campo del Drappo d’Oro. Al centro della navata della Chiesa di Sant’Andrea si sono fronteggiati due ensemble, Cappella Pratensis e Alamire a rappresentare rispettivamente i musici al seguito del re di Francia e di Inghilterra. Le cronache dell’epoca raccontano della celebrazione di una messa in presenza dei due sovrani nella quale i cantori delle due nazioni si alternarono accompagnati ora dall’organo e ora da pifferi e tromboni, e così Cappella Pratensis ha intonato Kyrie, Credo e Agnus Dei della Missa Tua est potentia di Jean Mouton, intercalati fra il Gloria e il Sanctus della Missa O bone Iesu di Robert Fayrfax eseguiti da Alamire. Mai come ora le parole del mottetto di Mouton sul quale è costruita l’omonima messa “Tua esta potentia, tuum regnum Domine: tu es super omnes gentes. Da pacem, Domine, in diebus nostris” sono risuonate così attuali e necessarie. La collaborazione tra i due ensemble ha messo in evidenza non solo le differenze delle musiche dei due compositori che facendo parte delle rispettive corti parteciparono allo storico incontro, ma anche il differente approccio all’interpretazione della musica polifonica, con i cantanti di Cappella Pratensis raccolti attorno al badalone, il grande leggio sul quale è posto il libro corale con una copia della notazione manoscritta originale, mentre i cantanti di Alamire hanno eseguito le proprie con la trascrizione in parti separate e in notazione moderna. I primi tesi alla differenziazione di ogni singola voce, mentre i secondi abituati a fondere e amalgamare l’impasto vocale. Alla fine del programma il confronto nato dalla esecuzione in successione dello stesso testo del mottetto Nesciens mater, musicato da Walter Lambe e da Jean Mouton ha confermato e messo in risalto la straordinaria qualità di quest’ultimo.
Altri concerti sono stati dedicati alla musica inglese, integralmente a William Byrd nel caso dell’ensemble Invocare che aveva partecipato alla IYAP nel 2019 e che ora è apparso a pieno titolo tra i gruppi protagonisti dei concerti meridiani di questa edizione, insieme a formazioni professionalmente consolidate. La novità della esecuzione della musica vocale del grande maestro della musica rinascimentale inglese, è consistita nell’accompagnamento strumentale che al posto del consueto consort di viole da gamba è stato realizzato dal quintetto di flauti dolci B-Five, dal quale è emersa una differente prospettiva timbrica nel rapporto e scambio con il flusso contrappuntistico delle voci.
Inglese al cento per cento il programma e l’interpretazione di Stile Antico che nella stessa giornata del concerto precedente ha presentato una selezione di autori di epoca elisabettiana nella quale sono risaltate sia le splendide Lamentations a 5 di Robert White che il toccante mottetto di Thomas Tallis In ieiunio et fletu intonato solo da cinque delle dodici voci dell’ensemble, con un effetto di particolare incisività al di fuori del levigato e a volte algido perfezionismo che caratterizza questa formazione vocale di successo impeccabile nelle sue performance.
Altro programma inglese quello di Skip Sempé che con la sua consueta nonchalance alternandosi tra un clavicembalo e un virginale, entrambi copie di strumenti storici dei celebri Ruckers di Anversa, e tra pavane e gagliarde ha mostrato il lato contrappuntistico della musica made in Britain a cavallo tra XVI e XVII secolo concludendo il concerto con una brillante esecuzione delle variazioni del Hugh Ashton’s ground di William Byrd restituendo lo spirito della loro natura improvvisativa.
Il Festival è nettamente decollato con il concerto dell’ensemble La Fonte Musica diretto da Michele Pasotti particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica. Il programma è stato interamente dedicato a Johannes Ciconia, il compositore che preannunciando la grande stagione quattrocentesca degli oltremontani, ha rappresentato una meravigliosa giuntura tra Trecento e Quattrocento con un piede nella tarda Ars Nova ancora ricca di hoquetus e di sincopati e l’altro nel divenire contrappuntistico che ha alimentato il virtuosismo franco-fiammingo. Nelle volte della Chiesa di Sant’Andrea i suoi mottetti eseguiti con grande maestria svettando come stendardi sonori ricchi di colori hanno ricordato l’enfasi con la quale il musico di Liegi ha celebrato ed esaltato ora Padova e ora Venezia, mentre le sue canzoni in italiano e in francese hanno comunicato la grazia e l’eleganza della cortesia amorosa.
Altri interessanti punti di intersezione tra la tessitura vocale e quella strumentale si sono pienamente rivelati nel concerto basato sulla collaborazione tra il gruppo vocale Pluto-ensemble diretto da Marnix De Cat e l’ensemble strumentale Hathor Consort diretto da Romina Lischka costruito attorno alla figura di John Cooper, il compositore inglese che ad un certo punto della sua vita, forse per amore verso la musica italiana o forse semplicemente per seguire la moda dell’interesse verso la cultura madrigalistica rinascimentale, italianizzò il proprio nome firmandosi come Giovanni Coprario. I due ensemble si sono alternati per mettere in luce le fonti di ispirazione delle sue fantasie per consort di viole, che attingendo a madrigali e canzonette di differenti autori italiani costituiscono un interessante pratica di parodia. Il climax del concerto si è manifestato tra le vertiginose discese cromatiche di Là tra’l sangu’e le morti di Monteverdi e le ascese di O voi che sospirate a miglior’note di Marenzio a dimostrazione di quanto gusto avesse Coprario nello scegliere i modelli delle sue trasposizioni e reinvenzioni strumentali.
Ancora parti vocali intonate da strumenti per le canzoni morali a tre voci di Caspar Othmayr, intonate da Franz Vitzthum accompagnato dalle viole da gamba del Dryades Consort diretto da Silvia Tecardi sullo sfondo della proiezione del dipinto circolare dei Sette peccati capitali attribuito a Bosch, a sottolineare la condanna contro i vizi capitali dei testi dei tricinia del compositore e pastore luterano della prima metà del XVI secolo, che offrì anche degli antidoti poetico-musicali contro di essi. Un concerto interessante e originale, delicato e ricco di sentimento e in certo senso doppiamente catartico dopo i trionfi del contrappunto franco-fiammingo a cui nel giorno precedente aveva dato vita l’ensemble La Grande Chapelle diretto da Albert Recasens con grande enfasi e trasporto per ricordare che al servizio del re di Spagna Filippo II vi erano maestri delle Fiandre come George de La Hèle, nato ad Anversa, che faceva parte della cosiddetta Capilla Flamenca della seconda metà del Cinquecento. Al centro del concerto la Missa Praeter rerum seriem di La Hèle ha indirettamente reso omaggio al genio di Josquin, celebrato da Laus Polyphoniae lo scorso anno, poiché è basata sul suo sublime mottetto dal quale prende il nome.
Gli ultimi concerti del programma del Festival hanno rappresentato l’intensificarsi delle tecniche contrappuntistiche nella loro dimensione puramente vocale, grazie alla presenza dell’ensemble Cinquecento, che ha intonato la Missa Wohlauff gut Gsell von hinnen di Henrich Isaac racchiusa entro le due parti dello splendido mottetto O decus ecclesiae, che risale al periodo fiorentino del compositore, mentre la messa appartiene alla successiva epoca del suo servizio alla corte viennese di Massimiliano I. Il concerto ha confermato la maestria e la qualità che contraddistingue questo gruppo capace di generare un armonioso profondo e ricco spettro sonoro nel quale risalta magnificamente la tessitura polifonica.
Il culmine contrappuntistico si è toccato con la maratona dei tre concerti ravvicinati proposti nello stesso giorno dallo storico Huelgas Ensemble fondato da Paul Van Nevel nel 1971. Il labirintico percorso nei meandri delle tecniche della scrittura polifonica è iniziato con il semplice omaggio guidoniano del mottetto Ut queant laxis di Orlando di Lasso che ha dato inizio al primo concerto, e si è concluso alla fine del terzo concerto con il Kyrie dalla Missa duodecis vocibus L’homme armé di Giacomo Carissimi. Nel mezzo ogni genere di combinazione vocale ha messo in evidenza la presenza non soltanto del cantus firmus basato sull’esacordo “ut re mi fa sol la”, ma anche quella della melodia dell’inno mariano Ave maris stella utilizzati nelle composizioni polifoniche di diversi musicisti del XV e del XVI secolo. In questo quadro figuravano diversi autori italiani, e nel secondo concerto in particolare Francesco Soriano, discepolo di Palestrina ma capace di dissonanze ardite e affascinanti come nel caso dell’Obligo Il principio della Salve o dell’Obligo sopra Regina caeli, pagine che è raro poter ascoltare ma che grazie al fiuto e alla capacità di comporre programmi sempre molto interessanti di Van Nevel sono magnificamente risuonate nella Chiesa di Sant’Andrea.
Questi sono stati solo una parte dei concerti del programma 2022 arricchito anche da attività rivolte all’infanzia, un corso di storia della polifonia per principianti e la Summerschool internazionale per apprendere a cantare a partire dalla notazione manoscritta originale. Ma il commiato del Festival è sempre un momento particolare, soprattutto quest’anno dopo le difficoltà causate dalla lunga permanenza della pandemia, e il 28 agosto con le viole da gamba di L’Achéron diretto da François Joubert-Caillet come un cerchio che si chiude la musica inglese è tornata ad essere protagonista nel concerto conclusivo di questa edizione intitolata “Polyphony of Life”. Seguendo le indicazioni e i suggerimenti contenuti nel trattato del 1676 A Musick’s Monument di Thomas Mace, riguardo alla composizione di un perfetto consort fatto di tre coppie di viole (soprano, tenore, basso) accompagnate dal virginale o dall’organo, il gruppo ha eseguito una serie di fantasie di Ward, White, Coprario, Jenkins, Lupo, Ferrabosco e Dering utilizzando copie di strumenti storici inglesi. Con un timbro caldo, corposo e avvolgente che ha trasmesso la sensazione di un abbraccio sonoro, il consort ha messo bene in evidenza la natura polifonica di questa musica strumentale con la stessa intensità ed espressività di quella vocale.
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