La tournée italiana di Kirill Petrenko e della Gustav Mahler Jugendorchester

Roma: in programma la Sinfonia n. 5  di Bruckner, mai diretta prima dal maestro russo-austriaco

Kirill Petrenko e la GMJO (Foto S.Cecilia/MUSA)
Kirill Petrenko e la GMJO (Foto S.Cecilia/MUSA)
Recensione
classica
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia
Bruckner, Sinfonia n. 5, Petrenko
03 Giugno 2024

Kirill Petrenko e la GMJO (acronimo di Gustav Mahler Jugendorchester) hanno compiuto una tournée in Italia, con tre concerti al Teatro Verdi di Pordenone, al Ravenna Festival e all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e hanno poi proseguito in Spagna. Era la prima volta che Petrenko dirigeva quest’orchestra fondata nel 1986 da Claudio Abbado e formata da giovani strumentisti tra i diciotto e i ventisette anni d’età, provenienti dall’Europa intera. Ed era anche la prima volta che dirigeva la Sinfonia n. 5  di Bruckner, autore da lui mai frequentato, almeno in tempi recenti.

Quando decide di affrontare una composizione per lui nuova, soprattutto se di notevole impegno come questa sinfonia di Bruckner, Petrenko si muove sempre con grande cautela, e questo va a suo merito, perché, pur essendo un grandissimo direttore, non è così pieno di sé da pensare che per lui tutto sia facile. Dunque anche in questo caso ha scelto di procedere per gradi e di fare un po’ di rodaggio, prima di presentarsi con questa sinfonia a Berlino, dove la eseguirà il prossimo 23 agosto per inaugurare la nuova stagione dei “suoi” Berliner Philharmoniker, e poi al Festival di Salisburgo, a Londra e negli USA.

Già altre volte ha scelto Roma - più esattamente l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia - per questi suoi primi approcci a musiche per lui nuove, e questo è un privilegio e un onore, perché per Petrenko sono momenti fondamentali del suo lavoro. È stato così per il Rheingold  di Wagner e per la Nona Sinfonia  di Beethoven, di cui già al primo approccio ha offerto interpretazioni memorabili, perfettamente approfondite e superbamente realizzate. Ma questa volta - lo dico con un certo tremore, perché considero Petrenko il più grande direttore dei nostri giorni, quindi chi sono io per permettermi di fargli delle osservazioni!? - mi è sembrato che questa sua esecuzione della quinta sinfonia di Bruckner rientrasse ancora nella fase preliminare dello studio, dell’analisi dei vari momenti, della sperimentazione sul modo di risolvere certi passaggi, della ricerca del suono e del tono giusti e che non fosse giunta al punto in cui ogni frammento trova il suo posto nell’insieme e la musica prende anima e vita in un’interpretazione coerente, convincente e potente.

Misteriosa e affascinante era l’introduzione lenta del primo movimento, quando sull’impalpabile pizzicato ‘pianissimo’ degli archi gravi appare il primo tema. Ma poi, invece di procedere come un fiume maestoso dalla forza inarrestabile che sovrasta ogni ostacolo, il primo movimento si risolveva in una serie di episodi sconnessi. Al posto dei grandi blocchi sonori dell’orchestra bruckneriana si è sentito un suono limpido e secco e gli ampi legati si trasformavano in frasi corte e angolose. Forse Petrenko voleva alleggerire l’atmosfera tardoromantica e dare a Bruckner un suono più moderno, già novecentesco? Finiva però per somigliare a Prokof’ev: non scherzo! Questo dipendeva anche dal fatto che la GMJO è un’ottima orchestra giovanile ma - questo vale per tutte le orchestre giovanili - il suo suono non ha lo spessore e il peso necessari per Bruckner. Per entrare un po’ più nei dettagli, i quattro corni – che sono un pilastro dell’orchestra bruckneriana – erano piuttosto deboli e incerti. Anche il primo oboe si è trovato un po’ in difficoltà quando doveva presentare il tema che apre l’Adagio.

Ovviamente con Petrenko sul podio non potevano mancare anche isolati momenti assolutamente meravigliosi, come i bagliori vivaci, popolareschi e un po’ ironici, che lampeggiano nello Scherzo. E non erano soltanto piccoli dettagli come quello appena citato. Si pensi al gigantesco crescendo o piuttosto alla serie di crescendo concatenati che conclude il quarto movimento, uno dei più esaltanti finali dell’intera storia della sinfonia: qui Petrenko e l’orchestra sono stati straordinari, ma ci hanno offerto un’esperienza puramente acustica, che lasciava stupiti, sbigottiti, quasi atterriti, senza però penetrare nell’anima. Non è giusto fare confronti, ma non possiamo dimenticare che quando il novantatreenne Herbert Blomstedt diresse questa sinfonia con l’Orchestra di Santa Cecilia in streaming ai tempi del lockdown, le telecamere della Rai inquadrarono da vicino l’orchestra nelle battute finali e si potè leggere la commozione dei musicisti sui loro volti e nei loro occhi lucidi.

Insomma questa volta Petrenko ha deluso un po’ le nostre attese, ma forse aveva ragione la maggioranza degli ascoltatori, che hanno applaudito entusiasticamente. Siamo sicuri che ci rifaremo da questa delusione nel giugno 2025, quando Petrenko dirigerà Mozart e Brahms con l’Orchestra di Santa Cecilia e poi ripeterà il concerto alla Scala.

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